Corriere della Sera

Il Piccolo Principe diventa visione nel Sahara di Saint-exupéry

- Di Ursula Beretta

Quando Tonio si ritrovò disperso nel deserto del Sahara a fare lo slalom tra le proiezioni della sua mente e i fantasmi di un passato mai del tutto risolto, non poteva certo immaginare che, in mezzo alle dune, insieme alla salvezza avrebbe trovato anche lo spunto per il suo capolavoro. Che era già tutto lì, sospeso fra le tracce vagabonde delle volpi e la luce buona di stelle mai veramente lontane che sembravano addolcire i suoi deliri.

Tonio era quell’antoine de Saint-exupéry che, il 29 dicembre 1935, dopo essere decollato dall’aeroporto di Le Bourget insieme al fido meccanico André Prévot per tentare il record di velocità nella trasvolata Parigi -Saigon, precipitò con il biposto «Simoun» in un luogo indefinito tra Alessandri­a e Il Cairo. Colpa di un inopportun­o banco di nubi che, confondend­o i radar, aveva oscurato i suoi sogni pindarici. Colpa dei debiti contratti in Francia, che presto l’avrebbero costretto, insieme all’amata moglie Consuelo, all’ennesimo sfratto se non avesse vinto i centocinqu­antamila franchi messi in palio per l’impresa. Colpa, anche, della sua ansia di avventura che, tra voli e parole, costituiva la materia prima di quella vita che Antoine cercava da sempre e che, per l’ennesima volta, l’aveva tratto in inganno. Del resto, «si deve vivere per poter scrivere». E forse per questa ragione Antoine de Saintexupé­ry finì per fare di tutta la sua esistenza un romanzo. Pilota coraggioso ma anche uomo di grandi passioni, l’ultimo degli eroi romantici ebbe per la scrittura una fascinazio­ne pari solo a quella per le sue imprese, costellate peraltro da proverbial­i incidenti, l’ultimo dei quali, il 31 luglio 1944, gli fu fatale.

Fino a qui è la realtà. Poi una fotografia in bianco e nero spariglia le rotte da seguire e le carte delle indovine, che più di una volta avevano messo in guardia l’incauto pilota dall’azzardare progetti troppo arditi, disegnando un’altra, affascinan­te storia. Quella che Gabriele Dadati insegue nel suo Le ali del Piccolo Principe (edito da Solferino) ricamando sul tragico episodio nel deserto libico altre ali, frutto di un’intuizione legata alla sopraddett­a foto da cui potrebbe essere germinato il libro che portò fama imperitura al suo autore e che oscurò, in parte, la sua rocamboles­ca vicenda terrena.

È dunque un’immagine riconsegna­ta dal tempo, quella del fratello minore di Antoine, François, morto poco più che adolescent­e per i postumi di una pericardit­e e avvolto in una vestagliet­ta simile a quella indossata dal Piccolo Principe nei disegni vergati dall’autore stesso, a entrare di prepotenza nel romanzo di Dadati discostand­olo dalla storia vera. O forse no.

Una presenza che veglia sui relitti dell’aereo, tra cui i due sopravviss­uti, il pilota e il suo meccanico, allestisco­no un rifugio di fortuna che consenta loro di sopravvive­re nella notte silenziosa che li circonda. E che ritorna, invadendo le incursioni nella memoria che accompagna­no i passi di Tonio, svicolando tra miraggi e false speranze, riconsegna­ndogli intatta quell’età felice della giovinezza in cui sperimenta­re, creare, credere diventava più necessario di ogni altra urgenza. Perché, se «i sentimenti nel deserto sono banditi», i ricordi sono un balsamo e insieme uno stimolo a non abbandonar­si alla disperazio­ne per Tonio che pensa alla moglie Consuelo rimasta a Parigi con la madre Marie e con gli amici che, stretti insieme, arginano i pensieri funesti sulla sua scomparsa e si affidano alla preghiera mentre intorno a loro scoppia la frenesia del Capodanno.

«Cammina, Tonio, cammina. Spossessat­o. Sprofondat­o in un sogno ad occhi aperti in cui per larghi tratti si dimentica che sta sognando». E si muove insieme a lui un romanzo biografico che diventa esso stesso un percorso onirico nello spazio e nei decenni, mentre il tempo si sgrana costruendo un ponte tra la Francia e il Sahara, tra suggestion­i e fate morgane, facendo brillare, a ottant’anni esatti dalla sua morte, la voce dell’uomo prima ancora che quella dell’autore. E l’eco di quello che l’ha portato a diventare ciò che è stato. E l’amore fraterno che rifulge nella notte assetata e che, da una stella, non smetterà di proteggerl­o e di ispirargli uno dei libri più amati di sempre. Ecco allora che la tensione troverà quiete in quel folle vagare, plasmando il pensiero di Tonio e incanaland­one poi le tracce nel racconto di quel suo desiderio avido di nuove avventure, incurante del pericolo, alla costante ricerca di un significat­o capace di andare oltre la vita stessa.

Gabriele Dadati scorta il peregrinar­e di Antoine de Saintexupé­ry con una narrazione teatrale divisa tra atti agli opposti in cui l’attesa, escatologi­ca da una parte e drammatica ancorché calata in un’atmosfera festosa dall’altra, fa da ideale collante a un’esperienza immersiva nelle vicende che ne hanno plasmato la scrittura e l’esistenza. E dove la lingua, volutament­e scarna ed esatta, essenziale perché visibile con immediatez­za al cuore, arriva puntuale a regalare al romanzo una luce immaginifi­ca e decisament­e verosimile.

L’incidente

Il libro si apre nel 1935 con l’aereo biposto di Saint-exupéry che precipita nel deserto

Il personaggi­o Nelle pagine torna François, il fratello minore di Antoine, morto giovanissi­mo

 ?? ?? Antoine de Saint-exupéry, nato il 29 giugno 1900, morì ottant’anni fa il 31 luglio 1944 (foto Epa/afp)
Antoine de Saint-exupéry, nato il 29 giugno 1900, morì ottant’anni fa il 31 luglio 1944 (foto Epa/afp)

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