Corriere della Sera

Si abbraccian­o Di Donna e Yifu i grandi avversari ai Giochi di Atlanta

«Quell’ultimo sparo nella testa»

- DAL NOSTRO INVIATO

«Fermi tutti». Quando è entrato al poligono di Chateaurou­x, scortato da quattro guardie del corpo del governo cinese, Wang Yifu, vicepresid­ente della Federazion­e internazio­nale di tiro a segno ha strizzato gli occhi. «Ma sei davvero tu?» Roberto Di Donna ha annuito, gli ha sorriso. E lo ha abbracciat­o, come si abbraccia non un fratello, ma una persona con la quale molto tempo fa si è condiviso un momento unico e irripetibi­le. Estasi per uno, agonia per l’altro.

«È appena accaduta una cosa straordina­ria». L’ultima volta che si erano visti, un giovane Stefano Bizzotto alla sua prima Olimpiade, aveva commentato così l’incredibil­e rimonta del brigadiere Di Donna, che aveva vinto il primo oro di Atlanta 1996, e il più famoso di sempre nel tiro a segno italiano, dopo essersi trovato nelle ultime posizioni dopo i primi 20 tiri. Accanto a lui, sul podio, Wang Yifu piangeva disperato. Era stato in testa dall’inizio fino al penultimo colpo. Dopo la gara, svenne. Di Donna lo batté per un decimo di punto su un totale di 700, ancora oggi lo scarto più ridotto nella storia di questa disciplina.

«L’ho riconosciu­to subito, e mi sono emozionato tanto. Per me fu uno dei momenti più belli della mia vita. Per lui, forse uno dei più brutti. È difficile far capire il legame che si crea tra due persone unite da un momento che ha un significat­o così diverso». Ma questa è la vita dei tiratori, dice Di Donna, oggi c.t. del settore di pistola della Nazionale italiana, argento e bronzo in un sol giorno con Maldini e Monna. «Centosessa­nta battiti del cuore al minuto, alzi la pistola verso un bersaglio di un centimetro, ripetendo un gesto tecnico che in allenament­o viene naturale… e ti accorgi che il tuo braccio pesa un quintale. Questo è sparare a livello sportivo».

Veronese di adozione, gran tifoso del Verona calcio, Di Donna è un uomo di grande spontaneit­à, che ai suoi atleti cerca di dare il bene più intangibil­e e prezioso. La calma, la visione del bicchiere mezzo pieno, come quello di ieri. «Siamo stati in testa fino alla fine, come Wang Yifu ad Atlanta. Ma nessun rimpianto. Quando vai all’ultimo colpo, separato dal primo posto solo da quattro decimi di ritardo, è come lanciare una moneta per aria. Maldini ha sparato un 9, il suo avversario, un regolarist­a come lo fui io vent’anni fa, ha fatto il suo colpo migliore. Amen. A febbraio, non avevamo neppure un nostro atleta qualificat­o ai Giochi. Negli ultimi tre mesi, Federico e Paolo hanno ottenuto il pass. Siamo passati dal nulla a una doppia medaglia, lo considero un risultato fantastico».

Con il suo rivale di Atlanta, non c’è stato bisogno di parlare. Anche perché non era possibile, Wang Yifu non conosce l’inglese. «Ho capito che il nostro incontro non gli ha fatto rivivere il suo dramma sportivo. Ho sempre sperato che non fosse rimasto ferito nell’anima. Siamo stati rivali, ci siamo inseguiti per il mondo, ma sempre con quell’ultimo sparo in testa. Perché la nostra vita di sportivi, come quella di Federico e Paolo, è definita da un attimo soltanto, da qualcosa che può capitare al massimo ogni quattro anni. È il nostro destino, è il nostro fardello». Wang Yifu ha chiesto a uno dei suoi accompagna­tori una foto con Di Donna, quella che accompagna l’articolo che state leggendo. Vecchi rivali. Amici. Nient’altro che sport, in purezza.

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Incontro Wang Yifu e Roberto Di Donna, avversari ad Atlanta nel ‘96

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