Maldini e Monna, pistoleri per caso si godono l’argento e il bronzo
In serata a Casa Italia dopo il 2° posto Federico si inginocchia e chiede a Carlotta di sposarlo
PARIGI Federico andò in gita di classe al poligono, che quel giorno aveva aperto le porte ai non iscritti. Giocava a basket e pallamano, stava per compiere dieci anni. Paolo fu attratto dalle giostre delle feste patronali, venghino signori venghino, provate a colpire i barattoli. Hanno avuto gli stessi maestri. Sono cresciuti insieme, sono entrambi carabinieri. E da ieri anche i loro nomi verranno quasi sempre pronunciati all’unisono.
L’ultima volta che due nostri atleti avevano gareggiato entrambi in una finale olimpica di pistola era il 1996, ma si trattava di pistola libera. Nei dieci metri, invece, era un debutto assoluto. Federico Nilo Maldini da Bologna e Paolo Monna da Brindisi hanno vinto l’argento e il bronzo nel tiro a segno, specialità pistola ad aria compressa dieci metri, diventando i primi italiani dal 1932 a salire insieme sul podio di questa categoria. Poco importa quindi se dopo i primi trenta colpi una doppietta ancora più incredibile pareva possibile.
Va bene così, comunque. Perché la gara disputata nel catino gelato del poligono di Chateauroux è stata il manifesto ideale per i sostenitori dello sport come metafora della vita. Tutto negli ultimi tre colpi. Dopo averne sparati cento, e altri cento venerdì, e cinquecento al giorno per quattro anni.
Ha vinto il cinese Xie Yu, autore di una rimonta notevole. Punteggio totale, 240,9, nove decimi appena più di Maldini. Non c’è alcun latte versato sul quale piangere. Esistono anche gli avversari. Rimane un risultato storico. Il ragazzo emiliano, debuttante ai Giochi, classe 2001, non ha rimpianti. «Non vado certo a casa triste. Aver vinto insieme a Paolo è ancora più bello: abbiamo lavorato e sognato insieme. L’ultima doppietta nel 1932? Pensare che una cosa del genere succede una volta ogni cento anni, mi manda al settimo cielo». Monna, 26 anni, campione europeo in carica, confessa di non essersi mai sentito tra i favoriti. «Non mi aspettavo questa medaglia, ma la considero una ricompensa per i sacrifici che ho fatto. Da oggi, credo di più in me stesso».
A Rio 2016, gli sport con gli spari, come vengono definiti per scherzo tra gli addetti ai lavori, furono i primi fornitori del medagliere italiano. A Tokyo fu una delusione, la vena aurifera sembrava essersi esaurita, ma in quell’edizione mai così abbondante di metalli pregiati, nessuno ci fece caso. Adesso, dobbiamo nuovamente affidarci ai riflessi e alla mira di eroi per un giorno come questi due amici, consapevoli del loro status precario, un istante di notorietà e poi più nulla, fino alla prossima chiamata olimpica.
È un’occasione così unica che una volta giunto a Casa Italia, Federico ne approfitta per mettersi in ginocchio e chiedere la mano della sua fidanzata Carlotta, nipote dell’ex presidente Coni Mario Pescante. La scena appare spontanea, non preparata a tavolino, perché la ragazza scoppia in lacrime, e al pretendente manca l’anello di circostanza. «Strano avere intorno tutti questi giornalisti» dice Federico, così genuino da affermare di essere in procinto di fare l’esame venatorio. «Anche se forse ho fatto male a dirlo» aggiunge quasi pentito della confessione. «Molte persone non saranno contente di sapere che sono un cacciatore». Paolo è ancora scapolo, ma promette che tornerà a far parlare di sé. «Quando sei in pedana da solo,
” Maldini L’ultimo tiro non è stato buono, ma non torno certo a casa triste, che bello aver vinto con Paolo
Monna Non mi aspettavo questa medaglia, la considero la ricompensa per tutti i sacrifici che ho fatto
con addosso il peso di rappresentare l’italia, capisci quanto conta quel che stai facendo».
Hanno preso la mira, hanno sparato. Continueranno a farlo. Con quelli come Federico e Paolo, siamo in buone mani. E in ogni caso, auguri agli sposi.