Un ddl contro la maleducazione
C’è qualcuno che nei dibattiti televisivi si sente più a suo agio a chiamare Kamala Harris «candidato» al maschile. Eppure pareva che una pietra tombale sullo stucchevole teatrino nel quale, ciclicamente, si difendono i valori tradizionali (?) a suon di desinenze l’avesse messa il nostro monumentale presidente della Repubblica Sergio Mattarella alla cerimonia del Ventaglio al Quirinale, quando con una semplice battuta («Spero si possa dire ancora sindaca») aveva archiviato l’abortita proposta di legge di multare chi usa il femminile negli atti pubblici. A chi investe energia e talenti nel partorire provvedimenti culturali per salvarci dal mondo al contrario nel quale siamo precipitati con la complicità di Masha e Orso e Peppa Pig, c’è una questione scottante che gli sottoporremmo per una risoluzione urgente. Pensiamo a quella nuova forma di degrado culturale dilagante in questi giorni, ancor più preoccupante non essendo possibile inquadrarla a destra, a sinistra o al centro. Eccoci al punto. Avete preso di recente un aereo, per lavoro o per le meritate vacanze? Signora mia, non esistono più i viaggiatori di una volta. Soprattutto quelli sotto il metro di altezza. Oggi si spostano solo con la tata, la mamma, la nonna (maschi non pervenuti; sono rimasti in città a lavorare, giacché il loro stipendio è più alto di quello delle mogli, se un impiego ce l’hanno). Ebbene, i deliziosi pargoli, tutti belli in modo stupefacente, non si staccano mai dal tablet, elettronico poltergeist al quale gli adulti affidano il compito di anestetizzare la prole senza curarsi di silenziarlo. Chiedere di abbassare il volume non serve. L’unica salvezza sono le cuffie del cellulare, con le quali ascoltare al massimo il rumore bianco o tracce di temporale e pioggia. Di chi è la colpa? Bisognerebbe chiederlo a chi videochiama in viva voce la moglie o la segretaria per strada, in metropolitana o in treno. A chi fa una «call di lavoro» a voce alta senza porsi neanche il dubbio di disturbare che gli sta seduto accanto e, magari, anche lui sta lavorando. A chi fa lo stesso in spiaggia e se glielo fai notare replica stizzito: «Ma siamo all’aperto!». «L’aria è di tutti», ci dicevamo un tempo avvicinando pericolosamente le mani agli occhi dei nostri amici per dargli fastidio. Avevamo 5 anni.