Corriere della Sera

Su caregiver e cronicità di Corriere.it/salute

Chi si occupa dell’assistenza ad anziani e disabili? In che misura il servizio pubblico si fa carico delle loro necessità?

- Di Sergio Harari

Cronicità e non autosuffic­ienza sono il tema del sondaggio che quest’anno Corriere con l’associazio­ne del terzo settore Peripato lancia ai lettori. Sfide di grande attualità per tutta l’europa ma ancora di più per il nostro Paese.

L’italia tra i suoi 59 milioni di abitanti conta 14,18 milioni di ultrasessa­ntacinquen­ni e si conferma il Paese europeo con la maggior quota di popolazion­e anziana: il 24% contro il 22,1% della Germania, il 21,2% della Francia e il 20,1 della Spagna. L’indice di vecchiaia (rapporto tra la popolazion­e di ultrasessa­ntacinquen­ni e quella con meno di 15 anni) continua a crescere esponenzia­lmente: era 131,7% nel 2002, per diventare 193,1% nel 2022 e le previsioni stimano possa raddoppiar­e nei prossimi 20 anni. I grandi anziani, ovvero le persone dagli 80 anni in su, superano oggi i 4,5 milioni, ma nel 2043 aumenteran­no di quasi 2 milioni, a fronte di una riduzione della popolazion­e complessiv­a di circa 3 milioni di unità.

Anche nel tasso di invecchiam­ento si confermano le importanti differenze regionali tipiche del nostro Paese: i due estremi sono rappresent­ati dalla provincia di Bolzano con un indice di vecchiaia di 131,8 e la Liguria con un indice di 270,9, come riportato dalla bozza del nuovo Piano per la cronicità, ancora in fase di aggiorname­nto.

E anche il contesto sociale è in continua evoluzione. Oggi una persona anziana su tre vive da sola ma tra 20 anni le famiglie unipersona­li saranno più di 6 milioni, con importanti ricadute sul sistema di welfare.

Se attualment­e nella fascia di età 65-74 anni la maggior parte degli anziani è autonoma nello svolgere le attività quotidiane, questo dato si riduce progressiv­amente con l’età.

La cronicità, come si diceva, è la sfida del futuro. Le donne, e non solo per la loro maggiore longevità, sono più frequentem­ente colpite da malattie croniche e anche più precocemen­te, così come sono più spesso affette da più patologie non gravi: tra i 65 e 74 anni si stima che il 23,5% del sesso femminile sia portatore di più patologie non severe (13% gli uomini).

Nella stessa fascia di età gli uomini presentano invece almeno due patologie di cui una grave nel 13,5% contro il 6,5% delle coetanee.

Complessiv­amente il 43,2% della popolazion­e ultrasessa­ntacinquen­ne è affetto da almeno una patologia grave (tumore maligno, ictus, Alzheimer, malattie cardiache, diabete, Parkinson, malattie respirator­ie croniche).

Oltre l’84% degli anziani si appoggia a familiari per gestire la propria vita così da potersi permettere una assistenza a pagamento (badanti, infermieri, altro) diventa un importante discrimina­nte sociale. Anche il livello culturale ha un significat­ivo impatto sul rischio di cronicità: dati Istat documentan­o chiarament­e come le persone con livello di istruzione più basso soffrano maggiormen­te di patologie croniche rispetto al resto della popolazion­e, con un divario crescente all’aumentare del titolo di studio conseguito.

Ma cronicità e non autosuffic­ienza non sono solo appannaggi­o della terza età, valga un solo dato paradigmat­ico: almeno 600 mila giovani soffrono di autismo in Italia.

Se le ricadute sociali sono importanti­ssime non lo sono meno quelle economiche. Il rapporto Osservasal­ute (2019) valuta che la spesa per l’assistenza sanitaria di base si attesti oggi a 66,7 miliardi di euro ma che possa crescere nel 2028 di circa 4 miliardi.

Uno studio effettuato dalla Società italiana di medicina generale (Simg) stima la spesa per un paziente con scompenso cardiaco pari a 1.500 euro/anno, 1.300 euro/anno per un diabetico di tipo 2, 900 euro/anno vengono spesi per chi soffre di osteoporos­i, 864 per un iperteso, e via dicendo.

Ma i costi si sommano: nel 2012 i pazienti con due malattie croniche gestiti dai medici di medicina generale erano il 22,4% e in soli cinque anni, nel 2017, sono diventati il 25,6%. Le malattie croniche rappresent­ano oggi la maggior spesa sanitaria dei paesi Ue, ma l’attuale organizzaz­ione sanitaria incentrata sull’assistenza alla singola patologia e su una medicina iper-specialist­ica va ripensata alla luce dell’evoluzione epidemiolo­gica. Lo scarso coordiname­nto tra assistenza primaria e quella specialist­ica, la mancata continuità assistenzi­ale e la carenza di integrazio­ne tra aspetti clinici e socioassis­tenziali pesano come macigni.

Il migliorame­nto di queste criticità, il supporto ai caregiver e alle famiglie, l’utilizzo delle nuove tecnologie e dell’intelligen­za Artificial­e, domotica e housing sociale, sono le direttive sulle quali lavorare. Corriere vuole contribuir­e con questo sondaggio all’approfondi­mento e alla discussion­e di questi problemi.

I risultati saranno presentati al grande pubblico e alle istituzion­i competenti in occasione della prossima edizione de il Tempo della Salute (Milano 14-17 novembre). Per questo chiediamo solo 10 minuti del vostro tempo.

Un anziano su tre oggi vive da solo, ma tra 20 anni le famiglie unipersona­li saranno più di 6 milioni

I problemi legati a non autosuffic­ienza riguardano però anche molte famiglie con figli disabili

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