Mclaren, la rivoluzione orange Ferrari, l’involuzione rossa
Pole di Norris davanti al compagno Piastri, Max in agguato, Sainz e Leclerc soffrono
Pacche sulle spalle, qualche pugnetto levato in aria davanti alla hospitality con il tetto scoperchiato (altri danni dopo l’incendio a Barcellona, stavolta per una tempesta e pioggia avvenuta mercoledì), il poleman Norris firma autografi, educato come sempre, ma ha la faccia è tesa e concentrata come non mai. Perché il suo primo nemico è sé stesso, ha sprecato troppo, lui e il muretto, e non «sarebbe contento con nessun altro risultato se non con il primo posto». La rivoluzione diversamente arancione della Mclaren ha toni soft ma maniere decise, sta cambiando la F1 e sbiadendo l’orange di Supermax, scolora il rosso, proprio qui su una pista di forte tradizione dove tanti arrivano in tribuna con magliette vintage dell’era di Schumi e Vettel.
Cartoline da un passato perduto, i progressi degli sviluppi rivisti si limitano a una seconda fila con Sainz. Il più lucido, il più onesto nel rivelare la realtà: «Ci mancano tre-quattro decimi a giro, basta fare due conti per capire quanto siamo distanti». Non è questione di centesimi, di esecuzione delle strategie o di errori individuali, sono numeri che riportano la Rossa a mesi fa, all’epoca pre-aggiornamenti. A sbagliare i calcoli delle simulazioni, ma anche ad avere un ambiente inquieto, succede di tornare indietro in uno sport in cui si va solo avanti. Un’inversione di marcia che trascina Leclerc (sesto dietro al futuro coinquilino di box, Hamilton, frenato da una Mercedes lenta e confusa) in un territorio di errori e insicurezze e fa tenerezminuti za sentirlo dire che «le cose possono cambiare con il caldo» quando il cambiamento dovrebbe partire da lui stesso. In una giornata da dimenticare anche una goffa uscita dal box Ferrari. Perché anche se «la prestazione manca» qualcosa di più ci si aspettava fra queste curve lente che non sono i dritti di Silverstone.
E invece il prezzo da pagare è ancora alto, mentre il conto arancio non era così pieno dal 2012, da allora (Gp del Brasile) la Mclaren non occupava l’intera prima fila. C’era ancora Ron Dennis. Oggi sul muretto papaya siede Andrea Stella: l’ex di Maranello ha saputo trasformare un team in perenne affanno (anche economico) nel nuovo riferimento tecnico.
L’immagine di Verstappen che rinuncia agli ultimi due delle qualifiche dopo la seconda bandiera rossa è potente e simbolica, sembra un passaggio di consegne. Sempre che i papaya siano capaci di incassare il doppio assegno, nei 580 metri fra la partenza e la prima curva il destino di Lando s’intreccerà con quello del compagno Piastri, sempre aggressivo, e con il tentativo di Max di far saltare il banco dell’amico: dopo lo scontro in Austria ha imparato a conoscerlo meglio. La Red Bull evoluta non è bastata a fermare l’onda Mclaren,
Le lacune
Carlos 4°: «Indietro di 3-4 decimi a giro» Charles 6°: «Manca la prestazione»
l’olandese rilancia l’allarme: «Mi piace la competizione, ma quando sono davanti». Facile così, molto più difficile per Horner scegliere il sostituto di Sergio Perez, il disastro di ieri porta il messicano verso il capolinea nonostante il rinnovo di contratto. Il problema è che né Tsunoda né Ricciardo offrono garanzie, ci sarebbe Sainz che però non è amato da Verstappen. Oltre alla vena creativa anche il vivaio Red Bull si è seccato, la Mclaren dimostra che una rivoluzione è possibile. La Ferrari continua ad analizzare e capire, un tempo che ritorna sempre.