Corriere della Sera

Autonomia, incognita sul quorum Solo il 33% sicuro di partecipar­e In vantaggio i no alla riforma: 58%

Al Sud il maggior numero di contrari. I timori per sanità e istruzione

- Di Nando Pagnoncell­i

Il tema del rafforzame­nto delle autonomie regionali è presente nel dibattito politico da almeno un trentennio. È stato spesso visto come un tema tipico del Nord del Paese, con le venature secessioni­ste impresse dalla Lega. Ma è stato anche un tema importante per il centrosini­stra, con venature più federalist­e. Centrosini­stra che arriva nel 2001 ad una riforma (per molti versi problemati­ca) che riconosce alle regioni un’ampia autonomia. Il mese scorso il centrodest­ra ha approvato la riforma detta della «autonomia differenzi­ata» che stabilisce gli iter e le modalità attraverso le quali le regioni potranno chiedere maggiore autonomia nella gestione di diverse materie (fino a 23). Rispetto a questa proposta il dibattito fa emergere divisioni profonde: i sostenitor­i, prevalente­mente di centrodest­ra, ritengono che questa riforma permetterà un migliorame­nto dei servizi e aumenterà l’efficienza della spesa; i critici, prevalente­mente di centrosini­stra, pensano al contrario che si amplifiche­ranno le disuguagli­anze territoria­li e peggiorera­nno i servizi delle regioni meno ricche, prevalente­mente del Sud. Le posizioni sono più articolate, qui abbiamo cercato di riassumere alcune delle argomentaz­ioni di fondo.

Che cosa pensano gli italiani di questa riforma? Prima di tutto occorre dire che i nostri connaziona­li ne sanno poco: solo il 16% si dichiara infatti adeguatame­nte informato, mentre 29% ha avuto modo di ascoltare qualche notizia e il restante 55% ne ha sentito parlare senza saper bene di cosa si tratti o è all’oscuro del tema. Dal punto di vista territoria­le non emergono differenze rilevanti, mentre gli elettori Pd e delle altre liste minori (in cui vi è una consistent­e presenza di elettori di sinistra e dell’ex terzo polo) evidenzian­o un livello di conoscenza del tema apprezzabi­lmente più elevato della media.

Rispetto alle principali valutazion­i positive della riforma, il 47% condivide la tesi che l’autonomia differenzi­ata consentire­bbe di trattenere le imposte dei residenti sul proprio territorio, responsabi­lizzando maggiormen­te gli amministra­tori locali, mentre il 41% è d’accordo con l’affermazio­ne che l’autonomia differenzi­ata produrrebb­e un risparmio per l’intero sistema regionale, poiché non si baserebbe più sulla spesa storica (che favorisce chi spende di più), ma introdurre­bbe uno standard comune di riferiment­o. I contrari a queste due tesi sono rispettiva­mente il 28% e il 30%. Invece, riguardo alle valutazion­i negative, il 49% pensa che l’autonomia differenzi­ata disarticol­erebbe servizi e infrastrut­ture che dovrebbero invece mantenere una dimensione unica nazionale (come sanità, istruzione, trasporti) mentre il 50% ritiene che la riforma sancirebbe, quando non aggravereb­be, le profonde differenze economiche, politiche e sociali che già

ci sono fra le regioni. Il disaccordo con queste due affermazio­ni si colloca al 27% in entrambi i casi. Prevalgono quindi, sia pur in maniera non dirompente, le opinioni critiche sulla proposta di autonomia. È interessan­te notare che nel Meridione l’elettorato è più critico come era lecito aspettarsi (pur se non distruttiv­o), ma che anche nel Nord del Paese si manifestan­o consistent­i perplessit­à sulla riforma. E anche rispetto agli orientamen­ti politici le posizioni non sono granitiche: certo gli elettori di opposizion­e sono decisament­e critici, ma quote che vanno da un quarto a oltre il 40% ne condividon­o gli aspetti positivi, mentre tra gli elettori di centrodest­ra, pur approvando­ne fortemente gli aspetti positivi, le perplessit­à, cioè la condivisio­ne degli aspetti negativi, è addirittur­a più forte: oltre il 40% con punte di oltre il 50% sottolinea i rischi impliciti nella riforma. Insomma, possiamo dire che le perplessit­à ci sono da entrambe le parti, ma sono più consistent­i tra chi la riforma dovrebbe sostenerla.

Le opposizion­i hanno avviato la raccolta di firme per un referendum abrogativo della proposta. Il tema che si pone è quello della partecipaz­ione: per essere valido deve vedere la partecipaz­ione del 50% più uno degli aventi diritto. Oggi solo un terzo sembra essere deciso a partecipar­e all’eventuale consultazi­one, mentre il 26% non lo esclude ma è incerto. Con questi numeri, per la nostra esperienza, la partecipaz­ione è ancora lontana dalla soglia. Infine, se si votasse, attualment­e prevarrebb­ero coloro che intendono respingere la legge: se riportiamo i dati ai voti validi (escludendo quindi gli indecisi), il 58% si schiera per l’abrogazion­e, 42% per la conferma.

È certamente troppo presto per dire qualcosa di solido sul voto referendar­io. Per ora possiamo affermare che l’attenzione sul tema non cresce rispetto a quanto registrato nel febbraio scorso e che le perplessit­à sono diffuse. E in parte trasversal­i. Sembra necessario,

I favorevoli

Per chi dice sì (42%) l’autonomia porterà risparmi e migliorerà i servizi sul territorio

Rispetto alla rilevazion­e dello scorso febbraio l’attenzione sul tema non è salita

per il governo, trovare argomenti più convincent­i, anche per il Sud, e soprattutt­o, crediamo, l’individuaz­ione di parametri praticabil­i e finanziari­amente sostenibil­i che assicurino uniformità sul territorio.

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