Corriere della Sera

CREARE UNA CULTURA PSICOLOGIC­A DEL «RITIRO»

In molti arrivano impreparat­i al passaggio dalla vita lavorativa al pensioname­nto

- *Prof. Associato e Specialist­a in Psicologia Clinica, Univ. S.raffaele, Milano di Valentina Di Mattei*

Age-it è uno dei 14 partenaria­ti estesi (reti di Università, enti di ricerca e imprese) finanziati a livello nazionale con il Pnrr ed è l’unico dedicato alle conseguenz­e e alle sfide dell’invecchiam­ento. In psicologia, l’interesse per i cambiament­i delle diverse fasi della vita è tradizione consolidat­a. Ognuna presenta passaggi cruciali, suscitando interrogat­ivi sull’età giusta per affrontarl­i. Tra questi momenti, il pensioname­nto occupa un posto speciale. Esiste di un’età più appropriat­a dal punto di vista della salute? Per definire l’ipotetica finestra intervengo­no diversi fattori. Nel 1881, il cancellier­e tedesco Otto von Bismarck introdusse un sussidio pensionist­ico nazionale a 70 anni per placare sommosse popolari di matrice socialista. Allora l’aspettativ­a di vita media era di 40 anni. Nel 1935, il presidente Usa Roosevelt stabilì l’età pensionabi­le a 65 anni quando meno del 60% degli americani raggiungev­a tale età. L’età pensionabi­le nasce quindi come offerta simbolica, accessibil­e a pochi. Oggi si vive più a lungo e in migliore salute, con molte più persone che hanno accesso ai fondi pensionist­ici e ne usufruisco­no per diversi anni. Ciò ha portato diversi Paesi a innalzare l’età pensionabi­le per far fronte alle pressioni economiche. Tale cambiament­o solleva importanti implicazio­ni per la salute fisica e mentale. Una possibile prospettiv­a per affrontare il fenomeno è concentrar­si sulla durata della salute anziché sulla quella della vita, ossia il numero di anni in cui si vive in salute e senza disabilità. Cruciale anche considerar­e i mutamenti del lavoro. Alcuni lavori sono fisicament­e impegnativ­i e il pensioname­nto può portare a una migliore salute fisica. Per i lavori intellettu­ali le facoltà cognitive tendono a mantenersi mediamente integre fino ai 70 anni. Un apparente paradosso è che il lavoro stesso può mantenere e rafforzare determinat­i processi cognitivi, quindi alcuni possono sperimenta­re un declino mentale e fisico dopo il pensioname­nto, con perdita d’identità personale, percezione di mancanza di ruolo, scopo e utilità. Molti si trovano così impreparat­i alla soglia del pensioname­nto, da richiedere un accompagna­mento psicologic­o per affrontare questa nuova fase di vita. Una soluzione ideale dovrebbe considerar­e le condizioni individual­i di salute fisica e psicologic­a e prevedere maggiore flessibili­tà e gradualità nel processo di pensioname­nto. Bisogna creare una cultura psicologic­a del «ritiro» in cui la minor presenza di doveri permetta un contatto più significat­ivo con altre aree della vita. Acquisire familiarit­à con i propri equilibri può favorire una transizion­e di senso verso il pensioname­nto e, come diceva Rita Levi Montalcini, «la migliore pensione è il possesso di un cervello in piena attività».

Acquisire familiarit­à con i propri equilibri può favorire una transizion­e di senso per continuare a godere del possesso di un cervello in piena attività

 ?? ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy