Ilicic si ricorda ancora come si fa Depressione vinta, il prof ora ride
Pareva perso, finito in sovrappeso, a Maribor è rinato, la Slovenia lo ha richiamato
Il c.t. della Slovenia Matjaz Kek non è Bugs Bunny, che in Space Jam spalanca la porta con tempismo consumato e dice a tutti: «Guardate chi vi ho portato!». Josip Ilicic del resto non è Michael Jordan, ma anche lui respirando l’aria della Mph Arena di Stoccarda nella partita contro la Danimarca, oggi potrà ripetere la famosa frase del film, accompagnandola con un sorriso furbo e carico di aspettative come quello di MJ: «Vediamo se mi ricordo come si fa».
A giudicare dal gol all’arstato menia in amichevole segnato la scorsa settimana prima che il sergente Kek facesse quattro tagli fra i trenta pre-convocati, Ilicic non ha perso il tocco: stop di destro a rientrare, il difensore disorientato e il tiro secco di sinistro. «L’ho portato in Germania perché ha giocato una bella stagione nel Maribor — racconta il tecnico — aggiungerà quel qualcosa in più di qualità ed esperienza che può servirci in un torneo così impegnativo. Non siamo venuti qui a fare i turisti».
La chiamata di Ilicic, giusto per chiarire, quindi non è legata al suo passato, ma al suo presente e questa è la cosa più bella e confortante. Ma l’europeo è un’altra cosa, anche rispetto al piccolo campionato sloveno dove «la Nonna», come lo aveva soprannominato Gasperini per i suoi reiterati malanni fisici, è rinato, segnando 9 gol in 36 partite con la maglia del Maribor. Adesso che la depressione è alle spalle però si può anche tornare a sognare in grande, come negli anni felici di Bergamo, quando per lo stesso Gasp il professore sloveno che ha fatto innamorare il popolo atalantino e tutti gli amanti del calcio «era da Pallone d’oro». Poi la pandemia, le bare trasportate attraverso la città, la lontananza dalla famiglia: tutto questo ha schiacciato un interruttore che il ragazzo arrivato In Italia, a Palermo, nel 2010 forse non sospettava nemmeno di avere. E ha fatto scendere il buio dentro di lui. Riportare un po’ di luce non è immediato, c’era una montagna da scalare più ripida del Monte Triglav (o Tricorno) che compare anche sulle maglie della Slovenia. Josip ha perso drasticamente peso, come ha raccontato commosso il Gasp, poi lo ha ripreso in abbondanza, come hanno certificato alcune foto che facevano pensare ormai a un ex giocatore. Oggi Ilicic sembra quello di una volta negli allenamenti: in ottima forma, ride, scherza, corre con una certa parsimonia, perché quelli con il suo talento preferiscono far sudare il pallone e gli avversari.
La «Reprezentanca» torna qui ventidue anni dopo con una certa aspettativa: allora uscì ai gironi raccogliendo una sconfitta e due pareggi, uno dei quali con la Serbia che ancora giocava sotto il nome di Jugoslavia. E chissà quali erano i sentimenti davanti alla tv di un ragazzino come Josip, nato in Bosnia in una cittadina a maggioranza serba, in una famiglia di etnia croata che si è trasferita in Slovenia dopo che il capofamiglia nel 1989 è stato ucciso da un vicino di casa di origine serba. Oggi la squadra che sfida la Danimarca semifinalista a Euro 2020 ha un grandissimo portiere come Oblak dell’atletico Madrid e un attaccante desiderato da mezza Europa come il 21enne Sesko del Lipsia. Più defilato c’è anche Ilicic, con i suoi 36 anni, i suoi ricordi luminosi, su tutti i quattro gol al Valencia in Champions League, un attimo prima dello scoppio del virus maledetto. E con le sue ferite, rimarginate del tutto o forse no. Ma se il calcio fa ancora compagnia al Professore, lui fa ancora compagnia al calcio. E oggi conta solo questo.
Il c.t. Kek
Ho convocato Ilicic perché ha giocato una bella stagione a Maribor, garantirà alla squadra qualcosa in più quanto a qualità ed esperienza che ci serviranno. Non siamo qui per fare i turisti