L’europa e i suoi guerrieri riluttanti
Il nuovo mondo al quale l’europa cerca — con difficoltà — di adattarsi è in piena evidenza nel manifesto che il maggiore raggruppamento politico del continente, il Partito Popolare Europeo, sta elaborando in vista delle elezioni del Parlamento di Strasburgo, in giugno. È il partito che ha al suo centro la Cdu che fu di Angela Merkel, la cancelliera che legò la Germania alle forniture energetiche russe e al mercato cinese per le esportazioni. Bene: ora, la bozza del manifesto del Ppe — pubblicata da «Politico» — indica Mosca e Pechino come due avversari della Ue, li accomuna nella loro pericolosità. «L’illegale guerra di aggressione della Russia contro l’ucraina, la militarizzazione dell’energia e del cibo e le irresponsabili minacce nucleari, combinate con le tensioni crescenti nel Mare Meridionale Cinese e nello Stretto di Taiwan, sono una sveglia per l’europa», c’è scritto.
Con ogni probabilità, il Partito Popolare uscirà in testa alle elezioni di giugno e Ursula von der Leyen (anche lei della tedesca Cdu) sarà confermata presidente della Commissione Ue. I socialisti europei, che i sondaggi danno secondi in Europa, sono meno espliciti nell’evidenziare Russia e Cina come minacce, in buona misura per le titubanze del cancelliere tedesco Olaf Scholz. Ciò nonostante, il cambiamento di stagione è evidente a tutti. La Germania era il Paese «leader riluttante» dell’europa, oggi ne è il «guerriero riluttante»: sa di dovere adeguarsi ai rischi di aggressione e interferenza, ma si divide sulla determinazione a uscire dalla mentalità del mondo di ieri. E le divisioni tra tedeschi diventano divisioni tra europei.
Lo scontro dei giorni scorsi tra Emmanuel Macron e Scholz su come sostenere l’ucraina non può essere derubricato a conflitto di personalità. È uno dei momenti più bassi della relazione tra Francia e Germania, i due Paesi centrali nella costruzione dell’europa post bellica. E avviene in un momento di straordinario disordine mondiale, con minacce che si moltiplicano ai confini del continente. La Russia di Vladimir Putin è ogni giorno più aggressiva, all’interno e fuori, aiutata anche dalle incertezze occidentali nel fornire armi e munizioni a Kiev. Il conflitto a Gaza crea una destabilizzazione del Medio Oriente, alle porte dell’europa: la quale però non riesce ad andare oltre le richieste di tregua. Sullo sfondo, ma in veloce avvicinamento, ci sono le elezioni americane di novembre: i sondaggi vedono Donald Trump in testa. Non è detto che l’ex presidente ce la faccia ma la tendenza isolazionista di parte degli Stati Uniti è un altro pericolo per l’europa, la quale non può permettersi di trovarsi sola.
La sveglia è arrivata, nell’europa postmerkeliana. Le minacce sono chiare a tutti i governi, con diverse gradazioni. Si tratta di trarne le conseguenze politiche e di azione. Ma in fretta: Putin, Xi Jinping & C. sono in movimento da tempo.