La tecnologia per il Tutino vecchio e nuovo
Ascoltando La lupa di Marco Tutino trentaquattro anni dopo l’esordio, ci si chiede se il compositore la rifarebbe così o più asciutta, come usa far teatro oggi. La risposta arriva con l’atto unico che segue, prima rappresentazione assoluta de Il berretto a sonagli. Ed è un no. La sintassi rimane tradizionale, come il linguaggio: tale che si potrebbe parlare di un tonalismo «personalizzato». Sulla scena l’azione procede rapida e dà sempre modo all’autore di aprire parentesi liriche (arie, ariosi, assoli…) ove mettere a fuoco la reazione emotiva dei personaggi coinvolti. Lo schema funziona e Tutino, al diciannovesimo titolo d’opera in catalogo, ha il suo perché nel mantenerlo. Anche perché le sue opere si alimentano di un fiuto teatrale che nemmeno i detrattori possono negare.
L’occasione di ascoltare il «vecchio» e il «nuovo» Tutino la offre il Teatro Bellini di Catania. E con Verga e Pirandello in ballo, dove altrimenti? È una serata che scorre piacevole anche perché nulla ne guasta lo svolgimento. Fabrizio Maria Carminati è bacchetta solida, dà sicurezza. Il cast, con Nino Surguladze (peccato solo la brutta pronuncia) e Irina Lungu protagoniste, è ben assemblato e convincente in scena. E Davide Livermore, con la sua ben rodata squadra tecnologica (led-wall, proiezioni ecc.), sa raccontare bene le due storie trasponendole al giorno d’oggi. In accordo con il compositore, vi conferisce un taglio di critica sociale oggettivamente adeguato, mai forzato né dimostrativo. Insomma, gli applausi infine sono meritati.
La Lupa – Il berretto a Sonagli Regia Davide Livermore; podio: Fabrizio M. Carminati ⚫⚫⚫⚫⚫⚫⚫⚪⚪⚪ 7