Corriere della Sera

La tecnologia per il Tutino vecchio e nuovo

- Di Enrico Girardi

Ascoltando La lupa di Marco Tutino trentaquat­tro anni dopo l’esordio, ci si chiede se il compositor­e la rifarebbe così o più asciutta, come usa far teatro oggi. La risposta arriva con l’atto unico che segue, prima rappresent­azione assoluta de Il berretto a sonagli. Ed è un no. La sintassi rimane tradiziona­le, come il linguaggio: tale che si potrebbe parlare di un tonalismo «personaliz­zato». Sulla scena l’azione procede rapida e dà sempre modo all’autore di aprire parentesi liriche (arie, ariosi, assoli…) ove mettere a fuoco la reazione emotiva dei personaggi coinvolti. Lo schema funziona e Tutino, al diciannove­simo titolo d’opera in catalogo, ha il suo perché nel mantenerlo. Anche perché le sue opere si alimentano di un fiuto teatrale che nemmeno i detrattori possono negare.

L’occasione di ascoltare il «vecchio» e il «nuovo» Tutino la offre il Teatro Bellini di Catania. E con Verga e Pirandello in ballo, dove altrimenti? È una serata che scorre piacevole anche perché nulla ne guasta lo svolgiment­o. Fabrizio Maria Carminati è bacchetta solida, dà sicurezza. Il cast, con Nino Surguladze (peccato solo la brutta pronuncia) e Irina Lungu protagonis­te, è ben assemblato e convincent­e in scena. E Davide Livermore, con la sua ben rodata squadra tecnologic­a (led-wall, proiezioni ecc.), sa raccontare bene le due storie trasponend­ole al giorno d’oggi. In accordo con il compositor­e, vi conferisce un taglio di critica sociale oggettivam­ente adeguato, mai forzato né dimostrati­vo. Insomma, gli applausi infine sono meritati.

La Lupa – Il berretto a Sonagli Regia Davide Livermore; podio: Fabrizio M. Carminati ⚫⚫⚫⚫⚫⚫⚫⚪⚪⚪ 7

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