«In Iran mi sparavano Vorrei solo fare l’attrice e qui in Italia ci provo»
Appena scesa dall’aereo che da Teheran l’ha portata a Milano, Sadaf Baghbani, 29 anni, attrice, racconta di aver provato la stessa sensazione di quando le guardie della rivoluzione le hanno sparato 150 pallini nel corpo. «Non ero mai uscita dall’iran. In aeroporto, mi sono sentita mancare: avevo il panico», dice. Sola, senza famiglia, Sadaf è venuta in Italia per farsi curare e per portare avanti il sogno di recitare. Due mesi dopo dal suo arrivo, domani, torna per la prima volta sul palco del Nuovo Teatro Ateneo dell’università La Sapienza, dove sarà la protagonista dello spettacolo Le mie tre sorelle, del regista e attore iraniano Ashkan Khatibi.
Centocinquanta proiettili in corpo.
«Era il 4 novembre 2022. Con le mie sorelle e mia madre siamo andate alla cerimonia per la morte di Hadis Najafi, uccisa qualche giorno dopo Mahsa Amini. Eravamo migliaia di persone che cercavano di raggiungere la sua tomba. Per disperderci, ci sparavano contro. Mi hanno colpita: quei proiettili sono ancora nel mio corpo. Alcuni sono vicini a gli organi vitali. Ma sono venuta qui anche per diventare il più possibile me stessa».
Che cosa intende?
«Per essere libera di essere Sadaf. Per la prima volta, domani, salgo su un palco “ufficiale”, a Teheran ero in un movimento di teatro underground, recitavamo in parcheggi e cantine».
Perché?
«Qualunque cosa in Iran è politica. Recitavamo senza velo, senza chiedere il permesso alle autorità. Da noi c’è un ministro della Censura che controlla quello che è produzione artistica»
"Qualunque cosa in Iran è politica. Recitavamo senza velo, senza chiedere il permesso alle autorità
Si sente ancora male lontano dal suo Paese?
«Mi manca la mia famiglia, ma sto molto meglio. Vedo le coppie passeggiare mano nella mano, le ragazze sull’autobus ridere: che bella la libertà».