Il capolinea di Nikki e la corsa ai suoi voti «Se Donald li vuole dovrà guadagnarli»
Il 37% di loro sceglierebbe il leader dem
PALM BEACH (FLORIDA) «È tempo di sospendere la mia campagna elettorale». Dopo un anno in corsa per la nomination repubblicana alla Casa Bianca, Nikki Haley si ritira, con un breve discorso a Charleston, la sua città. Ma per ora non appoggia Trump, il presidente che la nominò ambasciatrice all’onu e della quale è diventata aspra rivale: afferma che i voti da lei conquistati potrebbero fare la differenza a novembre — e non parla solo delle due vittorie in Vermont e Washington DC (storiche per una donna repubblicana candidata alla Casa Bianca), ma soprattutto delle percentuali significative ottenute in primarie dove ha perso (come il Michigan ma ha comunque strappato 300mila voti in uno Stato chiave). È un voto anti-trump, che «sta a lui ora guadagnarsi. E spero che lo faccia».
Haley mette se stessa in una posizione di potere: non correrà come indipendente, lascia la porta aperta per un futuro endorsement a Trump. Riconosce che il suo rivale sarà presto il candidato alla nomination. «Mi congratulo e gli auguro ogni bene. Come lo auguro a chiunque che possa essere il nostro presidente». D’altra parte anche Mitch Mcconnell, il leader della minoranza repubblicana al Senato, che non ha mai fatto mistero del disprezzo per l’assalto al Congresso del 6 gennaio e delle opposte idee in politica estera, gli ha dato ieri l’endorsement. Significative le parole con cui si è ritirato anche dalla leadership repubblicana al Senato: «Ho molti difetti, ma tra essi non c’è non capire la politica».
La prima domanda è cosa farà Trump. Prima che Haley parlasse, l’ex presidente ha scritto sul social Truth di averla «fatta a pezzi» nelle primarie, attribuendo i successi della rivale al fatto che alcuni Stati «non si sa perché» hanno primarie aperte in cui possono votare anche i democratici e al sostegno finanziario di «donatori della sinistra radicale». Poi però in un altro messaggio, la sua campagna elettorale invita gli elettori a «unirsi contro Joe Biden». Dopo un anno di campagna elettorale cruenta tra i due, Nikki
Haley, che Trump aveva soprannominato «birdbrain» (cervello d’uccello), è vista da molti fan dell’ex presidente non come una «vera conservatrice» ma un’agente dei democratici e dell’industria militare che vuole continuare le guerre, benché lei dichiari di volerle evitare difendendo gli alleati e contrastando Putin. Alla deputata della Georgia Marjorie Taylor Greene, paladina del trumpismo, abbiamo chiesto se possa concepire una inclusione di Haley in una eventuale amministrazione Trump; «Non ne vedo nessuna ragione e mi batterei per evitarlo sia pubblicamente che in privato», ha detto al Corriere a margine della festa di martedì a Mar-a-lago. Se dopo le primarie molte
campagne elettorali cambiano il messaggio per «moderarlo» in cerca di quell’elettorato suburbano decisivo nelle elezioni generali, per il momento il team di Trump non dà segno di farlo.
Allora la seconda domanda è: per chi voteranno gli elettori di Haley? Li abbiamo incontrati ai suoi comizi in Iowa, in New Hampshire e South Carolina: democratici e indipendenti, ma anche repubblicani che hanno votato Trump in passato. Un sondaggio Quinnipiac dice che metà di loro voterebbe Trump, ma il 37% Biden. Che non perde tempo e tende la mano: «Non saremo d’accordo su tutto, ma lo siamo sulla democrazia, il rispetto reciproco, la Nato e Putin».