Kate Winslet cancelliera autoritaria, fra commedia e orrore
Protagonista assoluta di «The Regime», la miniserie in sei puntate targata Hbo, è Kate Winslet (Sky Atlantic). La storia si svolge lungo un anno tra le mura del palazzo di un moderno e immaginario regime autoritario europeo (c’è un po’ di Russia, un po’ di Paesi balcanici, un po’ di «Grand Budapest Hotel»).
È la classica situazione assurda, accompagnata da dialoghi surreali e da una pluralità di punti di vista, che potrebbe tranquillamente volgersi in commedia. Invece le idiosincrasie della protagonista, trasformano «The Regime» in un piccolo saggio sul grottesco.
Tutto ruota intorno alla potente Cancelliera Elena Vernham (Kate Winslet), comandante in capo del regime, che si ritrova minacciata da un dissenso interno sempre più forte.
A darle manforte, a farle da guardia del corpo, arriva un truce militare accusato pubblicamente di un massacro, Hubert (Matthias Schoenaerts). Lei è ossessionata dalle malattie, vede germi ovunque, deve vivere in una situazione ambientale di umidità perfetta; lui è perseguitato dai suoi fantasmi interiori e dall’idea che, in fondo, l’unica dittatura possibile sia ancora quella del proletariato.
A tratti «The Regime» sembra muoversi tra i ritmi fulminanti della black comedy, a tratti tra quelli più angoscianti del disfacimento. In realtà, tutti i protagonisti si agitano in uno spazio indefinito che non riescono a dominare (il dominio è prima di tutto controllo dello spazio), in un palazzo senza identità (per ragioni salutistiche è un cantiere aperto) che esercita una forza magnetica tale da inghiottire i protagonisti per poi ributtarli fuori sconvolti e profondamente turbati.
A vincere è solo il grottesco, una scrittura che mescola la commedia con l’orrore, l’assurdo con il tragico. Questa combinazione permette agli sceneggiatori di esplorare argomenti seri e tematiche oscure attraverso una lente deformante che dà voce a problemi attuali senza scivolare nell’ideologico e nel cronachistico. «The Regime» si regge però su un equilibrio instabile, sempre incerto se inseguire l’effetto metaforico fulmineo o se, più semplicemente, adagiarsi nel ridicolo.