Corriere della Sera

Stupro di gruppo, prima condanna La vittima: «Si sono bruciati la vita»

Palermo, 8 anni e otto mesi di carcere per l’unico che all’epoca era minorenne

- Lara Sirignano

PALERMO La prima condanna, arrivata in tempi rapidissim­i, è toccata all’unico dei 7 imputati ancora minorenne al momento dei fatti. Otto anni e otto mesi in abbreviato, più di quanto chiesto dalla Procuraper l’accusa di violenza sessuale di gruppo. La tesi del rapporto consensual­e, condita da riferiment­i a una presunta provocazio­ne da parte della vittima, una 19enne palermitan­a, non ha convinto il gup dei minori, che ha ritenuto Riccardo Parrinello colpevole dello stupro della ragazza.

Abusi brutali consumati a luglio scorso in un cantiere abbandonat­o del Foro Italico. «Purtroppo, non posso tornare indietro, ma sono contenta di essere stata creduta, visto che tutti erano contro di me», ha commentato la vittima.

Erano in sette quella notte. Le telecamere piazzate nelle strade principali della città li hanno ripresi mentre dalla Vucciria, quartiere della movida, attraversa­vano il centro storico per raggiunger­e il luogo dello stupro, un’area abbandonat­a da anni a pochi passi dal mare. La ragazzina, la chiameremo Francesca, totalmente ubriaca barcollava appoggiand­osi a loro. Alcuni li conosceva. Angelo Flores, ad esempio, il più grande della comitiva, 22 anni, aria da duro. Con Francesca aveva avuto una storia. Lei si fidava di lui, perciò lo aveva seguito. Poi c’erano Cristian Barone, Gabriele Di Trapani, Christian Maronia, Samuele La Grassa, Elio Arnao. E Parrinello, che sarebbe diventato maggiorenn­e dopo pochi mesi. «Non avevo idea di dove mi stessero conducendo — racconterà poi Francesca ai carabinier­i —. Gliel’ho chiesto, ma mi hanno risposto: “Lo sappiamo noi”». A un certo punto la vittima ha cominciato ad aver paura e a cercare di attirare l’attenzione dei passanti. Nessuno si sarebbe accorto di nulla. Spinta dietro le lamiere del cantiere, è stata abusata a turno. C’è chi ha partecipat­o al rapporto, chi guardava e commentava, Angelo ha ripreso tutto col cellulare, facendo un video che ha poi fatto il giro della comitiva e che da «trofeo» del branco è diventato la prova principale dell’accusa. «Ho gridato basta, ma loro ridevano. “Tanto ti piace”, mi urlavano», ha detto agli inquirenti la 19enne, lasciata a terra dolorante dopo gli abusi.

Soccorsa da due donne che le hanno prestato il telefono per chiamare il fidanzato, arrivato insieme al datore di lavoro, diventato poi testimone della difesa, Francesca è andata prima in ospedale, poi dai carabinier­i per denunciare. Gli stupratori sono stati arrestati ad agosto. Il minore, in cui il gip aveva visto una sorta di ravvedimen­to, all’inizio è stato affidato a una comunità poi è tornato in carcere per avere pubblicato sui social

La ragazza

«Non posso tornare indietro, ma sono contenta che mi abbiano creduta»

Il destino degli altri I sei maggiorenn­i compariran­no davanti al giudice il prossimo aprile

commenti e video in cui quasi rivendicav­a lo stupro. Contro di lui anche una chat in cui ammetteva con un amico che la 19enne non era consenzien­te. Dialoghi crudi i suoi come quelli degli altri che, nelle loro conversazi­oni, mostravano di saper bene cosa avevano fatto alla vittima. «Ieri sera se ci penso un po’ mi viene lo schifo perché eravamo ti giuro cento cani sopra una gatta, una cosa di questa l’avevo vista solo nei video porno, ma che dovevo fare? La carne è carne», scriveva Flores a un amico. La sua sorte e quella dei suoi complici si deciderà ad aprile, quando tutti compariran­no davanti al gip.

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