Piano da 1,5 miliardi per la difesa Ue Breton: immaginavo un fondo da 100
Afare chiarezza ci pensa il capo della diplomazia europea Josep Borrell: «Gli eserciti, ossia la politica della difesa, sono competenza esclusiva degli Stati membri» mentre «la politica industriale e l’industria della difesa fanno parte del lavoro della Commissione». E ieri Borrell, assieme alla vicepresidente della Commissione Ue Margrethe Vestager e al commissario Ue all’industria Thierry Breton, ha presentato la prima strategia Ue per l’industria della difesa, insieme al piano di investimenti (Edip) da 1,5 miliardi presi dal bilancio dell’ue (troppo pochi rispetto alle necessità), che ha l’obiettivo di incentivare gli acquisti comuni e dunque la capacità di produzione. L’aggressione dell’ucraina da parte della Russia e la minaccia di un conflitto sul suolo Ue «non imminente ma non impossibile», come ha detto la presidente von der Leyen a Strasburgo una settimana fa, hanno imposto all’ue un’accelerazione. Questa strategia è per i prossimi dieci anni: non serve a risolvere le necessità immediate dell’ucraina ma viene coinvolta per il futuro. Il conflitto, però, ha messo in luce le debolezze Ue. «Dall’inizio della guerra a giugno del 2023 — ha spiegato Borrell — sono stati spesi circa 100 miliardi di euro per la difesa europea. Di questi, quasi l’80% è stato extra Ue, di cui circa il 60% dagli Stati Uniti». Per avere un’idea della frammentazione europea, è sufficiente pensare che il fatturato della Lockheed Martin, la più grande azienda Usa produttrice di armi del mondo, nel 2022 ha raggiunto i 63 miliardi di dollari, di poco superiore alla somma dei fatturati delle prime dieci aziende dell’ue. La strategia punta a incentivare gli acquisti comuni, che restano volontari e fissa degli obiettivi: acquistare in modo congiunto almeno il 40% delle attrezzature entro il 2030; garantire che, entro il 2030, almeno il 35% dell’intero valore del mercato della difesa sia in Ue; arrivare entro il 2030 ad avere il 50% ed entro il 2035 il 60% degli appalti all’interno dell’ue. Come finanziare lo sforzo della difesa resta da definire. «Avevo immaginato un fondo da cento miliardi, ovviamente se ne dovrà discutere», ha ammesso Breton. Per ora la Commissione si limita a contemplare che un gruppo di Stati «volenterosi» possano fare debito comune. Ma per alcuni Paesi come la Germania o l’olanda gli Eurobond, anche per la difesa, restano un tabù mentre piacciono a un Paese frugale come l’estonia, che sente da vicino la minaccia russa, alla Francia di Macron e al Belgio di De Croo. Intanto Budapest è tornata a mettersi di traverso: il ministro degli Esteri Péter Szijjártó ha detto che l’ungheria non sosterrà la candidatura del premier olandese Rutte alla guida della Nato.