«Non penso alla vittoria, sono qui per Napoli»
Primo nella classifica (a 15) di televoto e radio con «I p’ me tu p’ te». Soprattutto primo nello streaming con gli inseguitori (Annalisa e Mahmood i primi) ampiamente staccati e la canzone che entra nella Top50 global, quella mondiale, di Spotify. «Mai dato peso a queste cose: le classifiche sono anti-arte. Quello che conta è essere primi nella vita, fare le cose per la famiglia. Se fai bene quello poi i numeri sono uno specchio che riflette», spiega Geolier nel suo quartier generale sanremese. Una pizzeria (con menu sanremizzato, in un vicolo che ricorda i quartieri spagnoli della sua Napoli. La parola «famiglia» torna spesso nei suoi discorsi: «Cerco di portare con me chi non ha un lavoro o di darne uno meno pesante a chi ad esempio sta in fabbrica. E anche agli amici che devono badare alla loro famiglia. Provo anche a cambiare la vita a quei ragazzi che facevano cose per strada». Questa famiglia allargata conta ormai «una cinquantina» di persone. Geolier, suo l’album più venduto del 2023, è un’azienda ormai sta per creare dei campi da calcio e uno studio registrazione a Secondigliano: «Quando avevo 13 anni pagavo 30 euro l’ora per fare la mia musica: la mia struttura sarà gratuita per regalare l’opportunità di fare arte». Confessa che prima del debutto di martedì sentiva «il palco bruciare sotto i piedi, anzi me la facevo proprio sotto» e che prima di esibirsi si è perso per la tensione le chiamate di auguri di «Insigne, Siani, Donnarumma e degli Psicologi», la Napoli che conta in mondi diversi: «La mia presenza qui è una fattore di cultura: portiamo Napoli e il rap. Per me conta questo. Restano le canzoni, non i nomi degli artisti».