Avvocato finto invalido Ma viene assolto dal giudice (e dall’Inps)
«Solo indizi». L’ente gli ha confermato il 100% dell’inabilità
È un grande classico: il finto invalido che lucra l’invalidità dell’Inps. Ma a volte la realtà ingarbuglia le carte del romanzo della vita, e non si capisce più chi abbia truffato cosa. Prendi questo 53nne avvocato albanese finito a giudizio con l’accusa di avere spillato all’Inps la bellezza di 140.000 euro da 14 anni, figurando «invalido totale permanente al 100%» secondo gli accertamenti dell’istituto nel 2010 che attestavano «l’incapacità di ripetere nell’ordine corretto tre parole», «bisogno di un tutore meccanico per muoversi» e una «grave compromissione delle facoltà decisionali con demenza quotidiana» che «anche per le attività quotidiane» rendeva «necessario il supporto di terzi».
Solo che nel 2020 gli agenti di polizia milanese, impegnati in una indagine su una associazione a delinquere finalizzata all’immigrazione clandestina e alle truffe al Servizio Sanitario Nazionale, svolgono pedinamenti durante i quali lo vedono compiere condotte che a loro appaiono incompatibili con la necessità di continua assistenza alla base del provvedimento dell’Inps: l’uomo si muove a piedi apparentemente senza problemi, prende mezzi pubblici, prende l’aereo, fa l’avvocato senza difficoltà cognitive nello studio di un collega vicino al Tribunale dopo aver lavorato per una clinica privata, sta per prendere una ulteriore laurea in giurisprudenza internazionale e interloquisce con le persone senza difficoltà.
Sono circostanze — scrive ora nella sentenza di assoluzione la giudice Antonella Bertoja — «che effettivamente» parrebbero «deporre per la sussistenza del reato», ma a salvare l’imputato dalla condanna sono un difetto dell’imputazione e un colpo di scena. Il difetto è che la Procura «non indica gli artifici e i raggiri attraverso i quali l’Inps sarebbe stato indotto in errore, e cioè se attraverso documentazione sanitaria falsa o attraverso la dolosa amplificazione o invenzione di sintomi»: e il fatto che «l’imputazione non indichi in che modo l’Inps sia stato indotto in errore» è un problema giuridicamente, perché, «se ad esempio l’errore fosse stato indotto da documentazione medica superficiale, inaccurata, per colpa di sanitari non sufficientemente diligenti», allora «non sussisterebbe il reato di truffa» a carico dell’imputato. Il secondo fattore è più curioso perché è un colpo di scena: l’imputato stesso ha chiesto nel 2022 all’Inps una nuova visita e una nuova valutazione, e «l’Inps ha confermato il giudizio di invalidità al 100%, senza revisione» rispetto al giudizio del 2010.
Da qui l’assoluzione «perché il fatto non sussiste» per l’imputato difeso dall’avvocato Giampaolo Marra, verdetto che si aggiunge già ad altre 2 sue recenti assoluzioni: in un caso da una accusa di corruzione di un poliziotto dell’Ufficio Immigrazione, e nell’altro da una frode processuale, ipotizzata per il modo in cui era accusato di aver simulato in una perizia la propria incapacità di stare in giudizio.