Guarda chi c’è dietro la voce
L’organizzatore: i device digitali sono una minaccia, bisogna fare squadra
Il 6 ottobre del 1924 andò in onda la prima trasmissione radiofonica italiana. Erano le 21 quando Maria Luisa Boncompagni, dai microfoni della neonata Uri (Unione Radiofonica Italiana), annunciò l’inizio delle trasmissioni dalla stazione di Roma San Filippo, un concerto con musiche di Haydn. A distanza di cento anni, gli eredi della prima annunciatrice radiofonica italiana, capostipite di una lunga generazione di fini dicitori e personalità di spicco, si ritrovano domani al Talent Garden Calabiana per il World Radio Day, la Giornata Mondiale della Radio istituita il 13 febbraio del 2012 dall’Unesco. All’evento parteciperanno le star delle emittenti italiane e i protagonisti del settore che si avvicenderanno in due sale in una serie di interviste, incontri, musica, workshop e spettacolo. «Ci sono tutti i più famosi esponenti del mondo radiofonico — dice Giorgio d’Ecclesia, Ceo & Founder di Radio Speaker, organizzatore dell’evento —, editori, deejay, da Claudio Cecchetto a Giuseppe Cruciani, da Linus a Albertino, da Federica Gentile a Lucilla Agosti. È un evento in cui chi ascolta la radio può incontrare personaggi familiari di cui conosce solo la voce».
Nella workshop room ci si interrogherà anche sul futuro della radio con l’affermarsi delle piattaforme digitali. «Faremo ascoltare delle radio fatte interamente con l’intelligenza artificiale — continua —. Con l’avvento dello streapiatti,
ming, di Spotify, YouTube, iTunes, tutti i device digitali che sono entrati nelle auto (dove si registra il 70 per cento degli ascolti), c’è stato un duro attacco al settore, che deve fare squadra e studiare una strategia comune per difendere milioni di investimenti minacciati da questi nuovi dispositivi che godono di una totale deregolamentazione».
Nonostante il secolo di vita la radio sembra comunque mantenere il passo coi tempi. «È cambiata profondamente dal punto di vista tecnico — dice Federica Gentile di RTL 102.5 e Radio Zeta — perché quando ho iniziato io, negli anni Ottanta, c’erano ancora i
i giradischi, i mixer a 4 vie, c’era un’autogestione del mezzo da parte dello speaker di chi andava in onda. Andavo in motorino a fare il giro delle case discografiche per fare le fotocopie delle biografie degli artisti, mentre ora è tutto smaterializzato. Il rapporto con il pubblico e il feedback in diretta era meno ampio perché era limitato a poche telefonate, ora con i social hai un rapporto immediato. La radio però ha mantenuta intatta la sua affidabilità e la sua contemporaneità, perché c’è un unico passaggio in tempo reale tra la fonte e l’utente finale. E non ci sono limitazioni, dipende solo da cosa metti dentro la scatola». Anche la figura
del deejay è cambiata radicalmente. «Io, all’accademia di Radio Speaker, solo nell’ultimo anno, ho formato una cinquantina di ragazzi — dice Filippo Ferraro, conduttore di Rds e dell’evento di domani —. I giovani hanno ancora voglia di fare questo lavoro. Una volta c’era solo la figura del deejay. Ora questo ruolo si è evoluto in varie figure professionali. La radio è una palestra professionale, tutti i maggiori comunicatori vengono da lì. Amadeus, Gerry Scotti, Fiorello, Linus. Molti volti televisivi stanno tornano in radio per imparare a improvvisare».