La mia vita avventurosa
Ottanta ore di interviste e ricordi si condensano in un docufilm L’omaggio poetico a Mino Milani
La Basilica di San Pietro in Ciel d’Oro e la neve che scende fuori dalla finestra dello studio a Pavia. Mino Milani, scrittore e giornalista scomparso due anni fa, contempla i suoi luoghi. «Sono nato il 3 febbraio alle 10 di mattina. Nevicava». Inizia così il docufilm «Mino Milani inedito» che sarà proiettato per la prima volta al Politeama di Pavia l’8 febbraio 2024 (repliche in arrivo anche a Milano). Quarantacinque minuti intimi, poetici, con l’occhio della telecamera che entra, senza invaderlo, nello studio del grande romanziere d’avventura. Una pellicola che prende per mano lo spettatore e lo conduce proprio lì dove Mino era solito accogliere chiunque per una chiacchierata o un confronto, un racconto o una battuta.
La regia del documentario è di Marco Rognoni, che ha raccontato «senza finzioni o copioni di copertura» la vita intensa, tra privato e pubblico, di uno dei protagonisti della letteratura del ’900. «Mino Milani era molto accogliente. C’era sempre, da parte sua, del tempo per gli altri. Nel suo studio era pronto al confronto e allo scambio — spiega il regista —. Sicuramente questo racconto che io, familiari, amici e colleghi abbiamo fatto a Mino sarebbe piaciuto. Perché è semplicemente lui». Sullo schermo arriva tutta l’atmosfera di calore delle parole e dei luoghi di Mino Milani. Non esistono distanze: costante è il filo che lega lo spettatore e il romanziere che spesso racconta in prima persona aneddoti e curiosità della propria vita. Quattro mesi di progettazione, scrittura, e ore di interviste sbobinate. «Il primo filone di colloqui risale al 2018: anche quella fu una bellissima giornata di neve», ricorda ancora Rognoni. Gli altri documenti inediti sono stati realizzati da Armando Barone, Roberto Mollica, e Manuel Marzitelli. Quest’ultimo, giovanissimo amico di Mino, inizia a intervistare lo scrittore per un progetto scolastico del 2007. I loro incontri, con divertito consenso del romanziere, sono sempre stati registrati per fissare nella memoria digitale e collettiva, confidenze e lezioni di vita, spunti e chiacchiere in 80 ore di girato. Il flusso scorre tra immagini di repertorio, ricordi delle nipoti Marcella e Maria Piera Milani, spezzoni del film «Fantasma d’Amore» di Dino Risi, tratto dall’omonimo romanzo di Milani, per la prima volta restaurate e digitalizzate in alta definizione. «Quando arrivai in redazione al Corriere dei ragazzi — racconta Ferruccio de Bortoli — notai una porta sempre chiusa e il battere incessante sui tasti della macchina per scrivere. Dentro c’è Mino Milani, mi dissero. Non esce mai. La sera, quando finisce, torna a Pavia e ricomincia il giorno dopo. Io rispondevo alle lettere dei lettori che commentano le storie dei suoi eroi: arrivavano a migliaia. Devi trattarli come adulti, mi disse Milani». Ora il ricordo di de Bortoli si intreccia a quello dei grandi fumettisti come Milo Manara, che Milani ha lanciato, e Aldo Di Gennaro, che ora ha lavorato alla locandina. Il docufilm è interamente finanziato da Fondazione Banca del Monte, con la collaborazione di Provincia di Pavia, Biblioteca universitaria e patrocinio del Comune di Pavia.
«La Fondazione è felice di contribuire a questo ricordo di Mino Milani: lui ha rappresentato per decenni un simbolo letterario — riflette Mario Cera, presidente della Fondazione Banca del Monte — Non vi è alcun dubbio alcuno che Pavia debba essere grata a Mino Milani».
E non soltanto Pavia perché anche Milano, con le redazioni dei giornali, è stata un po’ la sua casa creativa. C’è tutto questo, e altro ancora, nello scorrere appassionato di frame che si chiude con una colpo di scena romantico: una poesia della buonanotte composta a braccio e recitata dallo stesso Mino.