«Siamo in pochi e il nostro lavoro è raddoppiato»
Clerici: alcuni gesti non sono malattia
Personale: poco. Responsabilità: molte. Per i servizi psichiatrici la sfida è «intercettare i cittadini con problemi di salute mentale seri» sottolinea Massimo Clerici, professore all’università Bicocca e vicepresidente della Società italiana di Psichiatria. Ma attenzione: non tutti i gesti violenti e antisociali rientrano sotto al cappello della malattia. «C’è una sovrapposizione tra comportamenti che destano preoccupazione e disturbi veri e propri», continua l’esperto. Crinale su cui si trovano Alex Baiocco, 24 anni, Michele Di Rosa, 18 anni e un terzo ragazzo 17enne. I tre amici giovedì notte «per rompere la noia» hanno posizionato un cavo d’acciaio ad altezza uomo in viale Toscana. Un giovane ha visto la scena dalla finestra di un appartamento affacciato sul viale. Solo la sua chiamata ai carabinieri ha evitato il peggio.
Ora il più giovane del gruppo è ricoverato in Psichiatria all’ospedale Niguarda, mentre Alex Baiocco ha alle spalle cure psichiatriche, oltre a problemi di tossicodipendenza. Dice di essere seguito dal San Paolo «ma di aver smesso da un paio di mesi di assumere le terapie». Due dei tanti pazienti del servizio sanitario regionale, «che è ben organizzato, ma si sta depauperando» secondo il vicepresidente Sip. Il numero di camici bianchi, come in altri settori, si sta progressivamente riducendo. Chi va in pensione non sempre viene sostituito, così la mole di lavoro per ciascun dottore aumenta. «In una decina d’anni è raddoppiato il bacino di utenti in carico agli psichiatri del territorio, passando da 150 mila a 300 mila cittadini» spiega Clerici prendendo come esempio Monza, dove dirige il dipartimento di Salute mentale dell’Irccs San Gerardo dei Tintori. Le conseguenze? Minor tempo a disposizione per ogni caso, una limitazione degli interventi a domicilio. «Di fronte a un paziente che fa resistenza e non frequenta il centro che lo ha in cura, è difficile trovare spazio per andare a casa sua, raccogliere le segnalazioni di parenti e vicini».
Il sovraccarico di lavoro disincentiva le nuove leve. «Lo vedo alla scuola di specializzazione — riflette Clerici —, molti giovani non hanno desiderio di entrare a far parte del servizio sanitario nazionale. In particolare, c’è una grave carenza di neuropsichiatri. Chi è nel pubblico deve lavorare
fino a tre weekend al mese». Incide poi il peso delle responsabilità: da anni le società scientifiche chiedono di depenalizzare l’atto medico, proprio per limitare la pressione sui camici bianchi.
Alla luce di questi dati, è ancor più importante evitare di sovraccaricare il sistema. «Più rendiamo tutto un problema psichiatrico, più rendiamo difficile l’accesso ai servizi a chi ne ha davvero bisogno» secondo il vicepresidente. Il riferimento è a chi soffre di patologie impegnative da gestire, come i disturbi bipolari o la schizofrenia. Nel secondo caso, il malato non si rende conto della sua condizione e a volte si rende necessario un trattamento sanitario obbligatorio. Dall’altro lato, Clerici mette in guardia dal rischio di «scappatoie» nelle aule di tribunale: «Molti autori di reato sanno bene che un paziente psichiatrico, se è chiamato a rispondere di un comportamento antisociale, riceve pene più lievi».