«La Nona, luce di speranza»
La sinfonia di Beethoven celebra dal 1999 il nuovo anno Il direttore Flor: anche nei momenti cupi la musica ci accompagna
«Sono stato davanti allo spartito della Nona anche la mattina di Natale; poi il pranzo in famiglia, ma quando hai diretto così tante volte un brano così popolare, bisogna studiarlo con ancor più attenzione: per attraversare il “già saputo” e farsi interrogare da questa musica così densa di significato». Claus Peter Flor da stasera torna in Auditorium per dirigere la Nona Sinfonia di Beethoven, ormai la colonna sonora del Capodanno milanese; una tradizione che Riccardo Chailly volle portare nel 1999 dal cuore delle Mitteleuropa sotto la Madonnina, «ma si ammalò, mi chiamò che stavo prendendo un aereo; il tempo di cambiare volo ed ero davanti alla Verdi», ricorda Flor, che nel 2003 divenne direttore principale ospite dell’orchestra, dal 2017 direttore musicale e ora ne è direttore emerito.
«In questo quarto di secolo abbiamo vissuto momenti memorabili, soprattutto con le sinfonie di Beethoven e Mahler». Nel recente Festival Mahler ha diretto la Terza, l’Ottava e la Nona: «Beethoven, Schubert, Mahler. Quando arrivarono alla loro ultima sinfonia, per tutti la nona, sembra sentissero il bisogno di spingersi oltre, scardinando tradizioni e canoni. Per me la Nona di Beethoven è un arco unitario che senza soluzione di continuità spinge verso l’ingresso del coro, a quel tempo elemento inaudito e impensabile in un genere per tradizione squisitamente
Sul podio
strumentale. L’anelito alla fratellanza universale e l’appello rivolto all’intera umanità dei versi di Schiller è evidente, ma la musica lo rende ancora più infuocato, convincente». Un messaggio quanto mai attuale in un tempo segnato dalla tragedia bellica: «Sempre la musica ha accompagnato l’umanità nei suoi momenti bui, forse perché purtroppo da qualche parte, nel mondo, accade sempre qualche tragedia; c’è stata musica durante la Prima guerra mondiale, tanta ne è fiorita durante la Seconda, anche nei lager, e pensiamo subito dopo in Russia, sotto il comunismo, con compositori come Shostakovich. La musica è una luce che accende la speranza quando attorno c’è buio. Una volta a Berlino Zubin Mehta stava preparando la Seconda di Mahler, io l’Eroica di Beethoven; ci fu un assassinio che suscitò parecchia impressione, Zubin mi chiamò subito dicendomi che dovevamo a tutti i costi andare avanti e suonare perché la gente aveva bisogno della bellezza, e la musica la può dare. E questo è vero sempre: ognuno va a concerto avendo in cuore le sue cose personali, gioie o croci, speranze o preoccupazioni; ci penso spesso quando salgo sul podio e sento la responsabilità di far risplendere la bellezza della musica». ● Prima della musica, Massimiliano Finazzer Flory legge il «Testamento di Heiligenstadt», scritto da Beethoven nel 1802 quando emersero i primi sintomi della sordità
● Da stasera al 31 ore 20, 1° gennaio ore 16, all’Auditorium, Largo Mahler, biglietti € 22-55, informazioni al telefono 02.83389401