Corriere della Sera - La Lettura
L’OGGETTO MUTEVOLE CHE PARLA DEL MONDO
Scriveva Roland Barthes all’inizio de Il brusio della lingua (Einaudi, 1988): «La parola è irreversibile, questa è la sua fatalità, parlando non posso mai cancellare, sopprimere, annullare». La parola è suono, è appunto brusio; la radio è l’oggetto che ci accompagna da sempre in quest’avventura.
Fino al 27 settembre una mostra all’Adi Design Museum di Milano, Radio Design: l’evoluzione estetica degli apparecchi radiofonici, a cura di Davide Vercelli e la Fondazione Cirulli di Bologna, racconta attraverso più di 50 modelli l’evoluzione estetica e tecnologica di una presenza, costante e fortemente simbolica, negli spazi domestici.
Cosa significa: «Accendi la radio», se non rapportarsi con il mondo attraverso uno strumento che rappresenta la relazione tra noi e la realtà? La radio riporta l’ascolto a memorie e aneddoti personali, perché l’oggetto che parla è mio, carico di affettività individuali. Ciascuno ha la sua radio, ma ciò che ci dice proviene dalla cronaca e dalla storia. Un banco di prova molto difficile per il progettista perché la radio è stata la prima architettura casalinga che portava nello spazio delle nostre case il «brusio» dei fatti e delle notizie, vissute e filtrate da un oggetto d’arredo che nel tempo cambiava in relazione soprattutto alla progressiva miniaturizzazione. Dalle valvole ai transistor e ai chip: i fratelli Castiglioni e il radiofonografo RR126 (1965), Marco Zanuso e Richard Sapper e il loro famoso filodiffusore per Brion Vega (1971), fino alla Pop Shop Radio di Keith Haring del 1985, senza dimenticare le radioline portatili per ascoltare le partite.
Studiare la ritualità della radio significa, allora, mettere al centro la «grande storia» e, insieme, i piccoli fatti quotidiani che «arredano» i nostri spazi (i quali parlano prima al cuore poi alla ragione). È un oggetto che appartiene alla microstoria ma fa parte della storia globale, filtrata dall’esperienza soggettiva che carica ogni parola di suoni e brusii che appartengono solo a ciascuno di noi.