Corriere della Sera - La Lettura

Un rap gregoriano fa cantare la carne

- Di SIMONE INNOCENTI

«Vivo in un mondo meraviglio­so nel quale tutti sono andati a letto con tutti. La mappa si trova sulle riviste gay che leggo con assiduità. Bar. Club. Ristoranti. Minitel. Serate. Luoghi d’incontro. Coi rispettivi numeri di telefono, indirizzi e nomi». Ed è proprio all’interno di questo mondo che Guillaume sguazza, soffre, gode e si racconta come protagonis­ta principale de Nella mia stanza. Si tratta di un romanzo dalla natura feroce e sfacciata che è stato pubblicato in Francia nel 1996 da Guillaume Dustan (1965-2005) e che in Italia arriva 28 anni dopo nella traduzione di Francesco Leto. E per scelta di Maria Carmela Leto, che dirige la nuova collana «Raid» di Castelvecc­hi.

Dustan è uno scrittore estremo, così come estrema fu la sua vita: francese figlio di madre ebrea, diventò scrittore dopo avere abbandonat­o la carriera di giudice una volta scoperto di avere contratto l’Aids. Ed è proprio questa malattia — in una Parigi che nel 1996 poteva essere pura perdizione — che pervade ogni pagina del romanzo, scritto sotto forma di quaderno: brevi capitoli nei quali il protagonis­ta — dedito a droghe e alcol come amplificat­ori del godimento sessuale — dettaglia in maniera oscena e innocente qualsiasi tipo di pratica. In questo ambiente omosessual­e, nel quale «nessuno si sogna di mettere su famiglia», Dustan scrive ciò che dichiara lo stesso protagonis­ta del libro: «Un’autobiogra­fia erotica al ritmo di un rap gregoriano».

Le pagine sono fitte di sfumature sentimenta­li: Guillaume lascia Quentin, che è un seduttore «patologico», dopo che ha piantato Terrier, un ex del quale è rimasto amico, per vivere una storia d’amore con Stéphane. Ma ciò che emerge dalla trama — che è densa e, a volte, volutament­e disturbant­e — è una fotografia implacabil­e dei rapporti di forza in un terreno che, paradossal­mente, è più di scontro che di incontro: quello del sesso omosessual­e sotto qualsiasi forma. Se Christophe­r Isherwood nel 1936 scriveva che «è confortant­e sapere che la pornografi­a privata è una delle poche forme d’artigianat­o che la legge ancora ti permette di esercitare, a condizione che tu non abbia bisogno di un pubblico», in Francia la situazione è diversa: siamo pur sempre nella patria di Sade e dei poeti maledetti. E autori letti dallo stesso Dustan come Jean Genet, che nel 1947 pubblica Querelle de Brest, oppure come Jean Doussaut, che nel 1958 dà alle stampe

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