Corriere della Sera - La Lettura
C’erano un porcellino, d’Artagnan e...
Piccoli capolavori per bambini mai usciti in Italia e classici proposti (anche) per i più piccoli. Ecco così gli inediti di Beatrix Potter, mamma di Peter Coniglio, e di Lyman Frank Baum, papà del mago di Oz. Infine Alexandre Dumas
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LYMAN FRANK BAUM John di Zenzero e l’Angioletto Traduzione di Fabiana Fortini EDIZIONI CLICHY Pagine 224, e 17 In libreria dal 24 gennaio
ALEXANDRE DUMAS Il visconte di Bragelonne Parte prima. La lezione di d’Artagnan Traduzione di Lila Grieco DONZELLI Pagine 488, e 33
Gli autori
Beatrix Potter (18661943), scrittrice e illustrazione inglese, ha creato il personaggio Peter Coniglio, apparso nel libro Il racconto di Peter Coniglio (1902); le storie di Beatrix Potter hanno venduto oltre cento milioni di copie. Lyman Frank Baum (18561943), scrittore americano, nel 1900 ha pubblicato Il meraviglioso mago di Oz, che diventerà un romanzo di successo tradotto in cinquanta lingue, e primo di una serie di quattordici volumi sul mondo di Oz. Alexandre Dumas (18021870), scrittore francese di romanzi storici e d’avventura, è autori tra gli altri capolavori de Il conte di Montecristo (1844-1846) e I tre moschettieri (1844) L’illustrazione Un disegno di Beatrix Potter (© Frederick Warne & Co., 1929; Mondadori Libri s.p.a. © 2023)
Belle scoperte e graditi ritorni: piccoli capolavori per bambini mai usciti in Italia e classici proposti (anche) ai ragazzi sotto una nuova luce. Alla categoria delle scoperte appartengono La carovana fatata (Mondadori), inedito di Beatrix Potter (1866-1943), amata autrice inglese di storie per piccoli; e John di Zenzero e l’Angioletto (Edizioni Clichy) di Lyman Frank Baum (1856-1919), avventura strampalata e funambolica che arriva sugli scaffali il prossimo 24 gennaio. Il genere capolavoro da riscoprire si addice, invece, al romanzo-fiume Il visconte di Bragelonne (Donzelli) di Alexandre Dumas (1802-1870), di cui è ora uscita la prima delle tre parti in cui è stato diviso.
Nel caso de La carovana fatata la stessa Potter chiarisce in apertura la genesi dell’opera: «Questi racconti hanno camminato e parlato con me» e, ancora, «non erano destinati alla stampa», sono diventati un libro grazie all’«insistenza di amici d’oltremare»; prevale una forma colloquiale, informale: «Li ho lasciati nella lingua familiare della nostra vecchia parlata settentrionale» rivela l’autrice che è nata a Londra ma ha vissuto a Near Sawrey, villaggio di campagna nel Lake District, nel nord-ovest dell’Inghilterra.
Apparso la prima volta nel 1929, il libro con illustrazioni dell’autrice, pensato per il pubblico americano, si apre con l’arrivo di Ratton e Scratch nella città di Marmellata dove vivono porcellini d’India di due specie, a pelo corto (la maggior parte) e a pelo lungo (pochi). Guai a fidarsi dei due impresari che propongono un prodotto miracoloso, un distillato di chiaro di luna capace di far crescere ogni cosa! A farne le spese sarà Tuppenny, un porcellino d’India dall’aspetto malconcio scelto per sperimentare l’intruglio. Il pelo cresce sempre più in fretta, ma al prodigio non c’è rimedio perché i due venditori si sono già dati alla fuga. È così che Tuppenny decide di lasciare casa, famiglia e amici e vagare «per il mondo da solo». Sarà l’inizio di un’avventura piena di novità e incontri: il porcellino d’India si unirà a un circo itinerante con un pony, un cagnolino, un ghiro, un furetto e altri animali, ciascuno con una sua specificità.
Potter, «mamma» del popolare personaggio di Peter Coniglio, coltiva qui in anticipo sui tempi una sensibilità green: l’autrice, che viveva in un fattoria dedicandosi ad agricoltura e allevamento, amava creare storie che avevano a che fare con la natura e la vita di campagna. O, come in questo caso, storie di animali antropomorfi che sono sia coloro che raccontano che coloro che vivono le avventure narrate; racconti che parlano di amicizia, curiosità, gentilezza; di armonia con la Gente Alta, così sono chiamati gli esseri umani, e di rispetto verso le creature magiche, come la Fata della quercia...
Baum è famoso soprattutto per Il meraviglioso mago di Oz, che uscì nel 1900 ed ebbe uno straordinario successo (la prima edizione italiana è del 1944) tanto da spingere l’autore americano a continuare la serie, ambientando in quel regno immaginario altri tredici libri. Fu, inoltre, autore di racconti, poesie e sceneggiature e di romanzi collocati fuori dal regno di Oz. Tra questi John Dough and the Cherub: pubblicato la prima volta nel 1906, esce ora in Italia con il titolo John di Zenzero e l’Angioletto, un inno all’accettazione della diversità e un elogio dell’unicità che caratterizza ciascuno.
La storia comincia in un panificio di un’anonima cittadina degli Stati Uniti dove monsieur Grogrande usa inavvertitamente per l’impasto con cui realizza un omino di pan di zenzero a grandezza naturale un elisir magico in grado di infondere «forza, saggezza e vita eterna». Ecco allora l’omino animarsi e andarsene in giro per il mondo: scoprirà presto di essere in pericolo. Perché? Mangiare un boccone di omino significa acquisire i suoi stessi «poteri», per questo c’è chi gli dà la caccia: John si ritrova quindi catapultato sull’isola di Sgorbia, dove fa amicizia con altre creature tanto improbabili quanto affascinanti.
L’avventura è ricca di trovate narrative e di invenzioni linguistiche a partire dal nome del protagonista. In originale il nome è John Dough, spiega una nota nel volume, e rimanda a un’assonanza intraducibile in italiano con John Doe, nome con cui la legge americana fa riferimento agli individui maschili di identità ignota, e gioca poi con la parola dough che significa «impasto»; anche l’altra parte del titolo, l’Angioletto, che si chiama Cip come il verso degli uccelli, ha qualcosa che merita di essere spiegato. Durante il primo incontro con John, il personaggio si presenta come «un’invenzione recente», un «Infante da Incubazione»: il rimando è alle prime macchine incubatrici per i bambini nati prematuri che a inizio Novecento cominciavano a essere presentate tra le più incredibili scoperte scientifiche in fiere ed esposizioni internazionali, come quelle di Buffalo (New York) del 1901 e di Saint Louis (Missouri) del 1904: da qui l’intuizione geniale di Baum di inserirle in una storia di invenzione.
Infine, ecco il capolavoro di Alexandre Dumas, Il visconte di Bragelonne, terzo romanzo del ciclo con le celebri avventure di Athos, Porthos, Aramis e d’Artagnan, di cui fanno parte I tre moschettieri (1844) e Vent’anni dopo (1845). L’opera uscita nell’arco di più anni, tra il 1847 e il 1850, conta circa duemila pagine; è proposta da Donzelli divisa in tre parti che rimandano ai tre nuclei narrativi: La lezione di d’Artagnan, adesso in libreria, a cui seguiranno La favorita del re e La maschera di ferro, noto episodio riguardante un misterioso prigioniero dal volto coperto rinchiuso nella Bastiglia.
Al centro di questo primo nucleo narrativo, adatto anche a giovani lettori, troviamo un d’Artagnan maturo. Il cinquantaquattrenne luogotenente dei moschettieri, vedendosi rifiutare la nomina tanto attesa e meritata a capitano, decide di lasciare il servizio del re e di mettersi in proprio senza però tradire i valori in cui ha sempre creduto; accanto all’eroe è la Francia stessa a essere cambiata, avviandosi verso l’Assolutismo con l’insediamento di Luigi XIV, il Re Sole.
Peculiarità de La lezione di d’Artagnan è che la traduzione italiana parte dal testo critico di Claude Schopp, studioso che ha dedicato la vita all’opera di Dumas e che in questo caso ha confrontato tra loro le molte e contraddittorie versioni a stampa dell’opera e, dove possibile, i manoscritti originali, mettendo in luce le molte «imperfezioni tipografiche» frasi, capoversi e, perfino, capitoli omessi, tagliati. Di fatto un ritorno che sa di novità.