Corriere della Sera - Io Donna
La formula migliore
Ainizio estate, il dilemma posto dai nostri rubrichisti Paolo Conti e Tommaso Labate (qui li trovate a pag. 42) “Se poteste tornare indietro dove vi fermereste, anni ’60 o anni ’80?” mi lasciò dubbiosa. Ho vissuto entrambi i decenni, e me li ricordo bene: gli ingenui anni ’60 di Paolo Conti, mamma col giro di perle che ancora non lavorava, io che sgambetto ai giardinetti, e i chiassosi ’80 di Tommaso Labate, io che cerco la mia strada nella Milano del “made in Italy”, tante speranze e poche nubi sulla testa. Però non sono convinta: i ’60 hanno un retrogusto perbenista, ingabbiati dalla forma, la buona educazione e le scarpe correttive, certi vestiti ruvidissimi per l’inverno, le autostrade con le macchine che fumano d’estate, la carne in scatola, i primi pic nic. Gli ’80 a ripensarci erano improponibili, tutti sopra le righe, le televisioni private che aprivano nuovi mondi, ma non sempre migliori, certe giacche dalle spalle esagerate, la rucola, la disco music, i primi hamburger da fast food.
Lì in mezzo c’erano anche i ’70, si mangiava senza pretese, si beveva vino discutibile, ma si ascoltava il migliore rock di tutti i tempi e con la tessera del cineclub facevi il pieno di grande cinema. Per me sono gli anni delle prime estati con gli amici, sacco a pelo sulle spalle e pochi soldi in tasca, stretti in vecchie macchine francesi con cambio al volante fino al Salento che allora si chiamava Puglia, in traghetto su e giù per le isole greche in stanze molto poco design, in giro per le Eolie con una tenda che nessuno sapeva montare diritta e ogni sera si accasciava su se stessa.
Io vorrei tornare lì. Perché come Conti degli anni ’60, come Labate degli ’80, ho nostalgia di quel momento in cui ero giovane al punto giusto, libera senza renderne conto a nessuno. E vorrei tornare lì ora, d’estate, non in un altro periodo dell’anno, quando sto bene dove sono. Per rivivere quelle vacanze semplici, pochi soldi ma tanto tempo. Dove puoi cambiare idea a metà strada, deviare dalla meta, trovare nuovi compagni di viaggio, fermarti e ripartire e persino annoiarti.
Poi, crescendo, sperimenterai formule intermedie - tempo congruo e denari quanto basta più confortevoli ma meno memorabili. Incontrerai chi è imprigionato in forme estreme, poco tempo e tanti soldi, la dannazione di chi lavora troppo e ha perso il senso del suo faticare; aprirai gli occhi su quanti non hanno né tempo né mezzi; e difficilmente invidierai chi ha tanto tempo e tanti soldi, ma spesso sembra non sapere che farsene né dell’uno né degli altri.
Lì ti convincerai che la formula migliore per essere felici d’estate, a vent’anni, è sempre la stessa, inossidabile: tanto tempo e pochi soldi.
Cara Danda,
l’isola di Kihnu di cui lei scrive ne L’isola delle donne deln.30-èun bell’esempio di parità di genere, ma soprattutto di cultura matriarcale. Ma come dice la stessa responsabile della fondazione che il vostro gruppo ha incontrato,
Mare Mätas, la loro storia è ben diversa da quella degli Stati Uniti (dove è nato il femminismo) o di ogni singolo Stato dell’europa. Nella loro isola non hanno fatto leggi per quote rose, non manifestano per imporre la loro posizione. Sono le necessità che hanno contribuito a creare naturalmente ruoli e posizioni. Come in qualsiasi società. Anche nella nostra.
In molti comuni e regioni del Mezzogiorno le famiglie erano matriarcali fino a qualche decennio fa. Gli uomini emigravano per lavorare e le donne rimanevano a portare avanti la famiglia, crescere i figli e curare i campi. Ma da noi le tradizioni fanno spazio alle innovazioni. Le tradizioni ci incuriosiscono ma allo stesso tempo non vogliamo essere etichettati come “conservatori” (come si dice nell’articolo). I conservatori vogliono conservare i valori tramandati per generazioni, le vecchie tradizioni e la vecchia cultura, accettando il nuovo ma distinguendolo in maniera chiara. Perché le novità, come tutte le cose nuove, sembrano belle, ma solo il tempo ci dirà veramente se sono capaci di passare alla storia.
Se ogni Paese non avesse le sue tradizioni da conservare e tutelare, saremmo un po’ come il Nuovo Mondo (l’america), un melting pot di nazionalità e tradizioni rivisitate che ognuno si è portato dietro dal proprio Paese.
Ma in fin dei conti pur sempre un Paese senza storia.
Noi in Europa, ma soprattutto in Italia, abbiamo tradizioni, cultura e civiltà diverse (buone o cattive che siano). Senza le quali non saremmo l’attrazione di tanto turismo!
Tiziana Spagnuolo Gentile direttrice,
L’ isola delle donne mi ha riportato alla mente l’analogia, anche se lontana nel tempo, con la cittadina ligure di Camogli, il cui nome sembra derivare dalla forma dialettale casa “ca” e mogli “mugge”, cioè “casa delle mogli”. Il riferimento era al fatto che il paese era a suo tempo abitato nd prevalentemente da donne, essendo i camoglini naviganti.
Enrico Gilodi
Gentile Danda,
sono entrato da poco nei miei 89 anni, dopo aver visitato quasi sempre in semplicità (zaino più mezzi locali) vari Paesi, dalla Terra del Fuoco alla Mongolia, dalle Ande all’isola di Pasqua.
A proposito de L’isola delle donne condivido che la storia sia bella e che sia bello il suo essere radicata nella realtà. Ma ora? Anche grazie a io Donna l’isola verrà presto invasa dai turisti. Peccato…
Sergio V. Petracchi Cara direttrice,
vivo a Pordenone e ho fondato Lady Avventura, un gruppo di donne, legate da profonda amicizia, che ogni anno fanno un viaggio solidale. Nei nostri tour incontriamo donne, bambini - spesso orfani - anziani, per instaurare un rapporto e poterli aiutare. Abbiamo visitato Sri Lanka, Guatemala, India, Brasile, Myanmar, Senegal, Mauritius,
Filippine, Marocco e Albania.
Sono viaggi che ci arricchiscono e ci emozionano per gli incontri che facciamo. Al rientro dalle Filippine mi sono quindi documentata e ho deciso di organizzare un viaggio a Kihnu, l’isola delle donne.
Anche noi abbiamo contattato la signora Mare e il 10 settembre partirà tutto il gruppo di 14 amiche per incontrare queste donne straordinarie che vivono in quest’isola poco conosciuta.
Dormiremo con loro, faremo insieme da mangiare, faremo balli e canti, scopriremo un sacco di curiosità e conosceremo il loro modo di vivere e l’organizzazione economica e politica di questa realtà.
“Nell’isola di Kihnu le donne non fanno leggi per le quote rosa, né manifestano per imporre la loro posizione. Sono le necessità che hanno contribuito a creare „ naturalmente ruoli e posizioni Tiziana Spagnuolo
Cari voi tutti,
la storia delle donne di Kihnu, che governano la loro piccola isola al largo delle coste estoni del mar Baltico mentre gli uomini lavorano per mare, ha incuriosito voi come noi viaggiatrici e viaggiatori di io Donna. Un bell ’esempio di buone tradizioni sopravvissute nel tempo, anche grazie all ’ impegno di donne ostinate come Mare Mätas.
Quanto alla minaccia di invasioni di masse urlanti, la ricettività è limitata a qualche stanza messa a disposizione dalle abitanti. E nella brutta stagione l ’ isola è bloccata dai ghiacci. Se anche i flussi turistici saranno governati da donne come Mare, non credo che l ’ isola metterà mai a rischio la sua purezza.