Puccini prima di PUCCINI
Il “suo” Festival lo celebra a cento anni dalla scomparsa con un’edizione speciale diretta da Pizzi. Che fa toccare con mano la “rivoluzione” Manon
Se in questo 2024 nessun teatro si è lasciata sfuggire la celebrazione del centenario della scomparsa di Puccini, eccezionale è stato il pacchetto proposto dal Festival di Torre del Lago, che ha messo in scena in ordine cronologico quasi tutti i suoi titoli (esclusi Fanciulla, Rondine, Trittico). Pier Luigi Pizzi, direttore artistico del Festival e regista di Edgar,
Willis, Tosca, Turandot, ha lavorato in sintonia con Massimo Gasparon
(Manon Lescaut, Bohème), e oltre ai costumi ottocenteschi giocati ancora una volta sul rapporto bianco/nero e alle grandi suppellettili (come l’allusiva statua del ratto di Proserpina che domina
Manon Lescaut, il crocifisso della processione, l’albero e il palazzo che prenderanno fuoco in Edgar), Pizzi e Gasparon hanno mosso gli spettacoli su uno stesso impianto scenico, una piattaforma girevole e un amplissimo fondale su cui era proiettato un ledwall, con suggestivo effetto tridimensionale e in movimento. Così Edgar è risultato ambientato in un lindo paese delle Fiandre, poi in una foresta in cui si consuma un’orgia notturna con la sensuale Tigrana, in un uno spoglio paesaggio di sapore celebrativo per la finta processione del morto Edgar; e in un suggestivo candido bosco (di mandorli fioriti) vivono Le Willis, la prima opera-ballo con cui Puccini partecipò (invano) al concorso Sonzogno, eppure in teatro fu piuttosto apprezzata. A Torre del Lago, nella stessa serata
Edgar e Le Willis sono state presentate nella prima versione, anche se Pizzi e il direttore Massimo Zanetti sono intervenuti con puntuali tagli nei quattro atti di Edgar e senza riproporre le due belle romanze che Puccini inserì nella seconda versione delle Villi: la lettura musicale di Zanetti (sul podio dell’orchestra del Festival) è risultata piuttosto corretta e scorrevole, con un buon rapporto con il palcoscenico, anche se non ha potuto valorizzare più di tanto i titoli librettistici di Fontana su cui il genio pucciniano non sempre sembra giunto a piena maturazione: basterebbe confrontare la modestia e la non felice drammaturgia di Edgar con il capolavoro di Manon che esplode appena quattro anni dopo. Nel cast vocale, Lidia Fridman ha interpretato Anna nelle Willis e Fidelia in Edgar senza particolare slancio (a parte la bella pagina/ requiem sulla cassa funebre di Edgar); discrete le prestazioni di Vincenzo Costanzo come Roberto e di Vassilii Solodkyy nel ruolo di Edgar, pur con qualche diseguaglianze di emissione. Più apprezzabile Vittorio Prato nel bell’assolo di Frank e incisiva la Tigrana interpretata da Ketevan Kemoklidze. Alquanto monumentale l’impianto baroccheggiante di Manon Lescaut; bei costumi e suggestive luci e fondali (cattedrale di Le Havre, la nave destinata all’America) ideati da Gasparon; musicalmente, il soprano Alessandra Di Giorgio ha dato della protagonista un’interpretazione senza particolare intensità (Manon è una donna di grande sensualità) e Andeka Gorrotxategi ha tratteggiato un Des Grieux con frequenti diseguaglianze di emissione; la direzione di Beatrice Venezi ha sostenuto con correttezza ma senza l’incisività che il capolavoro pucciniano richiede; pure, la risposta del fitto pubblico è risultata molto convinta.