COLLEZIONE PRIVATA
È quella, unica, dei Marmi Torlonia. Che, restaurati con il contributo di una storica Maison di gioielli, vengono per la prima volta esposti al Louvre. In omaggio alle radici comuni, tra Grecia e Roma Antica
BASTEREBBERO, a provocare l’estasi, i realistici panneggi della cosiddetta Hestia Giustiniani, replica perfetta di un bronzo greco del 460-470 a. C. Sono talmente armoniosi e veri che sembrano eseguiti da un maestro del plissé, da una sorta di Roberto Capucci dell’antichità. Solo che il peplo è di marmo, e riluce bianco nella maestosa Ala Denon al Louvre di Parigi, meta di pellegrinaggio non fosse altro perché ospita la Monna Lisa di Leonardo. Per l’esattezza, ci troviamo negli appartamenti reali estivi che furono di Anna d’Austria; qui Hestia - una vestale, il velo poggiato sui boccoli della fronte, l’indice sinistro levato al cielo - non è sola. Con lei attende i visitatori dal 26 giugno all’11 novembre un nutrito gruppo di capolavori - sono 62 - della Collezione Torlonia, la più spettacolare raccolta privata di statue classiche giunta integra fino a noi e oggi restaurata grazie al sostegno di Bulgari, nella ragione di un centinaio di esemplari.
Ecco la graziosa Fanciulla da Vulci: capelli cortissimi, sopracciglia ben disegnate, sembra una top model di adesso. E poi il Satiro che si torce in uno spasimo. E l’abitante della Dacia fatto prigioniero, il volto feroce, il mantello drappeggiato. E, via via, una teoria di busti e sarcofagi, teste e figure plastiche, la forza e la grazia, il movimento che lo scalpello ha liberato, il fremito delle carni.
Esprimono soddisfazione, e tanta, e ne hanno ben donde, sia la Maison Bulgari sia la Fondazione Torlonia. È la prima volta che i marmi, riuniti in un unico corpus a Roma dai principi Torlonia nell’Ottocento, escono dal Belpaese, dopo essere stati esposti ai Musei Capitolini nel 2020 e alle Gallerie d’Italia, a Milano, nel 2022. «Siamo orgogliosi di essere sponsor del
progetto di mettere in mostra i Marmi Torlonia al Museo Louvre, non solo perché è una delle istituzioni più rinomate e significative al mondo, ma anche perché è un ponte tra culture ed epoche diverse», afferma Jean-Christophe Babin, ceo di Bulgari. Difatti, molteplici sono le storie che si intrecciano nel percorso espositivo, a partire dal dialogo con le arti dell’Islam e dell’Egitto Copto, dell’Etruria e della Grecia, oltre ai masterpiece della pittura spagnola, francese e italiana, tesori di quello scrigno che è l’Ala Denon.
In più, un ulteriore arricchimento per chi guarda risiede nel sofisticato lavoro di conservazione. «Il restauro 4.0 è un momento di conoscenza assoluto, riporta alla luce episodi rivelatori. Come l’attribuzione a Bernini dell’intervento sulla testa del Caprone a riposo: in antichità si mirava al recupero dell’integrità della scultura ricostruendo le parti mancanti», spiega Carlotta Loverini Chigi, direttrice di Fondazione Torlonia. «Oggi invece, pur in una dimensione di totale empatia con l’opera, si rispetta la visione dell’artista che ha impresso vita alla materia, senza aggiungere nulla».
Per ogni scultura, viene redatto un libro con schede e disegni che ne documentano la storia conservativa: a seconda della condizione del marmo, si alternano tecniche meccaniche, fisiche o chimiche. L’approccio è totale e rispecchia il senso profondo dell’exhibition: narrare lo slancio dei mecenati privati alle prese con l’acquisto e la conservazione dei capolavori dell’antichità. «Questa mostra rientra nelle iniziative di patrocinio di Bulgari, volte a preservare il patrimonio artistico di Roma, nostra culla e primaria fonte di ispirazione», chiosa Babin. Ma mettiamoci pure quello della Grecia, terra d’origine della Maison. Lo stupore ci attende: benvenuti nella “collezione di collezioni”.
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