IL RIGORE? CI RICAMO SU
La tensione rende le cose interessanti. Ne è convinto il founder di Des_Phemmes, Salvo Rizza. Che ama giocare con gli opposti. E farsi ispirare dal suo entourage femminile
IL POTERE del caso. Sa vo Rizza, founder e designer d Des_Phemmes, parla dei suo successi come se fossero qua cosa di fortuito, di accidentale Sbagliato. Perché Rizza, nato vicino a Colonia, in Germania, cresciuto a Modica, in Sicilia, e diplomato all’Istituto Marangoni di Milano, si è guadagnato tutti i suoi consensi. Tra le sue fan, le amiche di sempre (alle quali si ispira) e una corte di star che va da Kristen Stewart ad Anne Hathaway.
Chi le ha insegnato il mestiere?
Il mio primo impiego è st to da Giambattista Valli, a P rigi. Per me era incredibile so lo pensare di lavorare con uno stilista che era stato al fianco di Emanuel Ungaro, il quale a sua volta aveva imparato il me stiere di couturier da un certo Cristóbal Balenciaga. Il “trucco” dello specchio che cos’è?
Valli, quando era tempo di fitting, non guardava mai il capo direttamente, ma osservava la modella nello specchio. In questo modo aveva una doppia profondità e il giusto distacco. Anch’io non riesco a farne a meno. Quando ha avuto l’idea di fare una collezione?
Tornato in Italia, ho cominciato a fare consulenze per molti brand senza mai pensare di crearne uno tutto mio. La verità è che non credevo di avere molte cose da dire, forse per insicurezza. Il destino mi ha fatto incontrare qualcuno che mi ha spinto a provare. Sono partito da ciò che avevo attorno a me, dalle persone. O, per essere più preciso, dalle donne a me vicine. Sono loro le “phemmes” che danno il nome al marchio?
Devo molto alle donne della mia vita, e la mia è una lettera d’amore per loro. Le racconto nel modo più autentico possibile attraverso i miei vestiti. Sono forti, alle volte fragili, mai deboli. Questi aspetti apparentemente contrastanti si vedono anche nelle sue collezioni.
La dualità mi affascina. Il gioco degli opposti e, in particolare, il rigore contrapposto al massimalismo sono i miei tratti distintivi. La camicia da uomo indossata su una minigonna ricamata ne è una rappresentazione. È la tensione a rendere le cose decisamente interessanti. Che valore hanno i ricami? Appresi durante la mia esperienza nella couture, sono l’ultima cosa che faccio. Prima studio le proporzioni, le silhouette, tutto in bianco. Poi aggiungo il colore e, infine, la broderie che, grazie alla rifrazione della luce, “chiude” il look. Di cosa parla la sua P/E 2024?
Si chiama Solleone ed è nata da una delle mie vacanze a Stromboli. Un’isola aliena, quasi senza illuminazione pubblica e Internet, una terra primitiva. Ho pensato a una valigia condivisa buttata sul letto, a una ragazza che prende la camicia di lino del fidanzato e la porta sopra una mini ed esce scalza. Nella collezione, i boxer di cotone diventano shorts, la classica Oxford shirt si impreziosisce di grandi ibisco, il fiore di Stromboli, ricamati con le paillettes. E lo zampino delle sue famose amiche?
C’è anche qui. Un giorno ne vidi una mettersi una vecchia camicia a stampa Hawaii annodata su un pareo. Uno strano contrasto, ma bellissimo. Parte preferita quando crea? Il processo. Appena finisco una collezione, devo subito iniziare con la successiva.
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